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Spacciavano cocaina usando WhatsApp: sgominata banda nel bergamasco

Nove persone sono state individuate e indagate dai carabinieri per spaccio di droga, soprattutto cocaina: secondo quanto emerso dalle indagini, la banda usufruiva anche di WhatsApp per ricevere gli ordinativi e poi consegnarli alle persone interessate all’acquisto.
A cura di Stefano Rizzuti
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Quando il passaparola non basta più, per allargare la rete di spaccio si ricorre anche alla tecnologia: è questo il caso di un gruppo di nove persone che organizzavano operazioni di spaccio attraverso WhatsApp. Un’operazione dei carabinieri di Treviglio (Bergamo), non a caso ribattezzata ‘WhatsApp 2017’, ha permesso di individuare nove persone che ora sono indagate. Gli ordinativi avvenivano spesso, oltre che di persona, anche attraverso i messaggi di WhatsApp, come emerso dalle indagini.

Le operazioni sono state supportate anche dai carabinieri del gruppo cinofili di Orio al Serio e hanno permesso di eseguire, all’alba di questa mattina, dieci perquisizioni di locali pubblici e di abitazioni. Le nove persone individuate e indagate sono: sette di origine marocchina e due italiani, di una fascia d’età molto estesa, tra i 20 e i 50 anni.

Secondo la posizione dell’accusa, i nove uomini avevano attivato una fitta rete di spaccio, soprattutto sulla piazza di Treviglio. Il network si era esteso anche ad altri comuni come quelli di Medolago, Terno d’Isola, Caluso d’Adda, Bonate Sopra, Chignolo d’Isola e Casirate d’Adda. Tutte piazze considerate “occupate” dalle persone poi indagate.

Il traffico si basava soprattutto sulla cocaina, ma anche su altro, come l’hashish. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, lo spaccio avveniva per strada: sia nei giardini pubblici che nei bar del centro del comune di Treviglio. A uno dei marocchini indagati è stata contestata anche la tentata estorsione per aver tentato di recuperare un compenso per una partita di cocaina attraverso minacce di morte. Due delle nove persone sono state raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, altri dal divieto di dimora in provincia di Bergamo e altri ancora sono a piede libero.

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