Sabbioneta, uccise il figlio 11enne dando fuoco alla casa dell’ex moglie: padre condannato a 14 anni
Gianfranco Zani, l'uomo di 54 anni che nel novembre del 2018 aveva appiccato il fuoco in casa della sua ex moglie a Sabbioneta, in provincia di Mantova, provocando la morte del figlio di 11 anni per asfissia, è stato condannato a 14 anni di galera per incendio doloso e omicidio colposo. La sentenza è stata emessa dalla Corte d'Assise di Mantova presieduta da Enzo Rosina con Chiara Comunale e altri sei giudici. Zani, il 22 novembre di un anno fa, aveva acceso il fuoco nella stanza da letto che condivideva con la ex moglie, causando lo sprigionamento di fumi tossici che sono arrivati sino alla stanza del figlio Marco, asfissiandolo e uccidendolo. Per il 54enne l'accusa rappresentata dal pubblico ministero Carmela Sabatelli aveva chiesto l'ergastolo, ritenendolo colpevole di omicidio volontario: le parti civili avevano chiesto anche un risarcimento di mezzo milione di euro, poi ridotto dalla Corte d'Assise a 250mila euro.
Le parole di Zani: "Ho mantenuto mia moglie per 17 anni e lei mi ha tolto tutto"
Durante l'ultima udienza del processo, l'imputato ha avuto modo di parlare per la prima volta rilasciando dichiarazioni spontanee riassumendo il rapporto con la seconda moglie, Silvia Fojotikova, con cui ha avuto tre figli. Da quanto raccontato, Zani ha ammesso di essere diventato preda della gelosia dopo la scoperta della relazione extra-coniugale della moglie, proprio come gli era capitato nel matrimonio precedente, ammettendo però il fatto e derubricandolo a "tragico evento". Le parole dell'uomo sono state riportate dalla Gazzetta di Mantova: "L’ho mantenuta 17 anni, non le ho fatto mancare nulla e ora sono io a non avere più nulla. Mi ha tolto tutto, ma quella casa è mia. Stavo malissimo, prendevo degli psicofarmaci mischiati all’alcol. Non ero più un uomo". Eppure Zani non aveva più il permesso di recarsi presso la propria abitazione dopo che un giudice gli aveva ordinato di tenersi lontano in quanto già condannato per maltrattamenti. Evidentemente, forse in preda degli psicofarmaci da lui citati, il 22 novembre del 2018 ha disobbedito entrando in casa e dando fuoco ai vestiti della ex moglie, andandosene e non preoccupandosi di ciò che avrebbe comportato. Da lì la propagazione dell'incendio che ha ucciso il figlio Marco.
L'accusa del pm: "Ha accettato il rischio che qualcuno potesse morire"
È proprio per questa "fuga" che il pm ha chiesto l'ergastolo, in quanto Zani "ha accettato il rischio che qualcuno potesse morire. Non si è affatto preoccupato che qualcuno fosse presente in casa e dopo aver appiccato il fuoco se n’è andato per andare in un bar a bere birra e mangiare patatine". Inoltre, pare che ad alcuni conoscenti avesse detto: "Io non le lascio casa, piuttosto la brucio", e una volta dato fuoco ai vestiti della donna aveva tratto in salvo i cani, condannando però il figlio che era nella camera adiacente con la porta chiusa. La replica di Zani era arrivata subito durante il primo interrogatorio, quando sostenne di aver chiamato i figli per nome senza ricevere risposta, anche se il suo avvocato disse che Zani negò di aver compiuto il gesto. Per lui, si è esposta anche la figlia avuta dal primo matrimonio che l'ha descritto come "un padre buono e generoso e che per il distacco da Silvia Fojotikova aveva anche tentato più volte di suicidarsi".