Rachel, la bimba nigeriana morta per disidratazione: condannate 7 infermiere dell’ospedale
Aveva appena 13 mesi Rachel Odiase quando morì per un grave stato di disidratazione all'ospedale Uboldo di Cernusco sul Naviglio, vicino Milano. Adesso, a oltre sei anni di distanza, sette infermiere dell'ospedale sono state condannate a un anno di carcere, con pena sospesa e non menzione, perché riconosciute colpevoli di omicidio colposo.
La sentenza è stata pronunciata dal giudice della quinta sezione del Tribunale di Milano Olindo Canali, che ha anche condannato le infermiere e l'ospedale a risarcire i danni ai genitori della bimba in sede civile. Soldi che non riporteranno certo in vita la piccola, ma che potranno servire a far crescere in tranquillità le sue due sorelle e i suoi due fratelli, come affermato dal legale della famiglia, Fabiola Paccagni. Gli avvocati delle sette infermiere, invece, parlano di "un provvedimento eccessivamente grave" e preannunciano ricorso dopo il deposito delle motivazioni, atteso entro 90 giorni.
La morte della piccola Rachel nel marzo 2010
La vicenda della morte della piccola bambina nigeriana risale al marzo del 2010. Una tragedia che scosse la Lombardia e si consumò nel giro di due giorni. I genitori della bambina, entrambi nigeriani, portarono Rachel in ospedale perché preoccupati dalle sue condizioni di salute. La bambina era affetta da una gastroenterite acuta, ma le sue condizioni vennero sottovalutate da alcuni medici e – come stabilito ora da questa nuova sentenza – anche dalle sette infermiere. All'epoca suscitò molte polemiche anche l'ipotesi che una delle concause della morte potesse essere stato il mancato rinnovo della tessera sanitaria della bambina, dovuto alla momentanea disoccupazione del padre: ma la magistratura ha escluso questa ipotesi. Due medici dell'ospedale, invece, sono già stati condannati in via definitiva per la vicenda e hanno versato alla famiglia della piccolina 400mila euro.
Il papà di Rachel: "È stata fatta giustizia"
Proprio i tempi del processo di primo grado all'unico medico che aveva scelto il rito ordinario ha determinato il ritardo con cui si è aperto il processo-bis: le infermiere condannate erano infatti state ascoltate come testimoni durante il primo procedimento, ma le loro deposizioni non avevano convinto i giudici. Il papà di Rachel, Tommy Odiase, ha commentato così la sentenza: "Possiamo dire che è stata finalmente fatta giustizia. Nostra figlia non doveva morire. Ora sono state riconosciute le responsabilità di chi ha sbagliato. Nessuno ci ridarà indietro Rachel, ma speriamo che cos'è come quella successa noi non accadano mai più. Non devono più morire bambini, qualsiasi sia il colore della loro pelle, in un modo così assurdo".