Perse il bambino e accusò un agente: “Mi ha manganellato”. Il pm: “Tre anni per calunnia”
Nel novembre del 2014, durante lo sgombero di alcuni centri sociali nel quartiere Corvetto di Milano, una donna di 37 anni aveva detto di aver perso il bambino che portava in grembo a causa della manganellata di un poliziotto. Adesso, però, per N.I.D., a processo con l'accusa di calunnia, è arrivata la richiesta di condanna da parte del pubblico ministero Gianluca Prisco: tre anni e nove mesi.
Il pm: "Ha sempre mentito"
La vicenda risale a un periodo di forti tensioni sociali a causa dei quotidiani sgomberi da parte delle forze dell'ordine in abitazioni e strutture occupate abusivamente. Durante uno di questi, ai danni di due centri sociali al Corvetto, la 37enne asserì – anche di fronte alle telecamere di Fanpage.it – di essere stata colpita dagli agenti. La 37enne, al sesto mese di gravidanza, come certificato dagli esami svolti nella clinica Mangiagalli di Milano perse effettivamente il feto. Ma gli accertamenti disposti avevano fin da subito evidenziato l'assenza di lesioni imputabili a una manganellata. Sul caso era stata aperta da subito un'inchiesta, sfociata poi nel processo per calunnia ai danni della donna: "Ha ripetutamente pianificato la calunnia e ha sempre mentito", ha affermato il pm Prisco, che ha poi sottolineato come solo gli accertamenti sul feto e sulla placenta effettuati durante la visita medica sulla donna la sera del 20 novembre alla Mangiagalli abbiano impedito che la donna "rovinasse la vita a un poliziotto".
Il pm Prisco, nel corso dello stesso procedimento, ha anche chiesto la condanna a due anni per la sorella della 37enne, che avrebbe reso false dichiarazioni per sostenere la versione della donna. Adesso però si attende la decisione del giudice.