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Occuparono una baraccopoli a Milano: sette nomadi assolti perché “la povertà non è reato”

Sette nomadi romeni che avevano occupato una baraccopoli in via Cima a Milano, sgomberata nel 2015, sono stati assolti dall’accusa di “invasione di terreni ed edifici” perché il fatto non costituisce reato. Il tribunale di Milano ha stabilito che i nomadi, assistiti al processo da un legale della Comunità di Sant’Egidio, avevano agito per necessità.
A cura di Francesco Loiacono
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Sette cittadini romeni senza fissa dimora, che avevano occupato una baraccopoli in via Cima, a Milano, sono stati assolti ieri dal tribunale di Milano perché il fatto non costituisce reato. Lo ha comunicato la Comunità di Sant'Egidio, un cui legale, Maura Sianesi, ha difeso i sette nomadi durante il processo con l'accusa di "invasione di terreni ed edifici", reato previsto dall'articolo 633 del Codice penale. La baraccopoli in via Cima, alla periferia Est della città, era stata sgomberata il 15 marzo del 2015. In quella circostanza sette rom trovati all'interno erano stati indagati dalla procura, perché si sarebbero insediati "all'interno di baracche fatiscenti utilizzate come dimora abituale".

Invocato lo stato di necessità

Ma la povertà, è stato nei fatti stabilito dal tribunale, non è reato: il legale della Comunità di Sant'Egidio ha invocato proprio lo stato di necessità degli occupanti, che avrebbero solo salvaguardato il diritto fondamentale all'abitazione senza causare danni a nessuno. Il terreno su cui sorgeva la baraccopoli, infatti, è disabitato e lo è tuttora. Erano otto in totale le famiglie con bambini insediatesi nella baraccopoli. Tutte erano seguite da anni dai volontari della Comunità, che avevano avviato dei percorsi sociali con i più piccoli e dei percorsi di inserimento lavorativo con gli adulti. E difatti, al momento del blitz, molti degli occupanti non erano stati trovati nel campo perché a scuola o al lavoro.

La sentenza è uno stop alla criminalizzazione della povertà

Dalla Comunità di Sant'Egidio arriva un plauso per la sentenza della quarta sezione penale: "La sentenza è importante perché è un forte ‘stop' alla criminalizzazione della povertà. Quei rom vivevano nelle baracche non per scelta ma perché poveri". Oggi tutte le otto famiglie che vivevano nella baraccopoli hanno una casa: i minori continuano a frequentare la scuola, dall'asilo alle superiori, e almeno un componente di ogni nucleo famigliare ha un lavoro: "La povertà non si sconfigge con le ruspe o denunce che intasano i tribunali, ma con seri progetti di accompagnamento sociale. Occorre garantire i diritti dei baraccati e dei poveri, con particolare attenzione a quelli dei minori", affermano da Sant'Egidio.

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