Non può operarsi, ma si sente donna: il tribunale di Pavia riconosce il cambio di sesso

Si era sempre sentita una donna, anche se era nata nel corpo di un uomo. E, pur non potendo sottoporsi all'operazione chirurgica per il cambio di sesso, adesso anche il tribunale di Pavia ne ha riconosciuto l'identità sessuale. Una quasi 30enne italiana si è vista riconosciuta come donna a tutti gli effetti dalla giustizia italiana: ha ottenuto la "rettificazione di attribuzione di sesso" e nuovi documenti che attestano il suo essere donna. La protagonista della vicenda, che nel suo iter con la giustizia è stata assistita dall'avvocato Francesco Langiu, sei anni fa aveva ottenuto dai giudici l'autorizzazione all'intervento chirurgico per cambiare sesso. Operazione a cui però non si è mai potuta sottoporre perché, essendo obesa, sarebbe potuta andare incontro a gravi rischi per la sua salute.
La donna ha completato con successo la sua transizione sessuale
La donna ha però proseguito il suo percorso, iniziato da bambina e andato avanti da maggiorenne con una serie di "irreversibili ed invasive terapie ormonali", "operazioni di modifica somatica" e un "percorso terapeutico per l'adeguamento di genere". Alla fine non ha più sentito la necessità di sottoporsi a un'operazione chirurgica e si è sentita realizzata nel suo percorso di transizione da uomo a donna. Per questo motivo ha fatto ricorso al tribunale civile di Pavia (a cui si era rivolta una prima volta nel 2011), che sulla base di una sentenza del 2015 della Cassazione, secondo la quale "la rettificazione dell'attribuzione del sesso può avvenire anche in assenza di intervento", ha accolto il ricorso. Non è la prima volta che accade, anche se sentenze del genere non sono frequenti nel distretto della Corte d'Appello milanese.
I giudici: Diritto all'identità personale e alla salute del transessuale
Il collegio dei giudici, presieduto da Lucio Nardi, nella sentenza emessa ha scritto: "L'intrapreso articolato percorso psicologico e la connessa terapia ormonale e farmacologica hanno portato alla consapevole, profonda ed irreversibile scelta di genere, determinando piena identificazione nel sesso opposto, cioè quello femminile, al quale, da sempre, sente di appartenere". La ricorrente, come riferiscono i giudici, "esponeva di aver presentato fin da bambino sia i tratti tipici dell'identità femminile sia un'incapacità emotiva ad identificarsi in ruoli maschili, sfociata in gravi disagi e sofferenze". Da qui la decisione, che ribadisce il diritto "sia all'identità personale sia alla salute del transessuale".