Morti in corsia a Saronno: dopo tre anni il medico Leonardo Cazzaniga va ai domiciliari
Dopo tre anni di carcere Leonardo Cazzaniga va ai domiciliari. L'ex viceprimario del pronto soccorso di Saronno (Varese) è imputato con rito ordinario nel processo con al centro dodici morti sospette nelle corsie dell'ospedale, ma anche per tre decessi nella famiglia dell'infermiera Laura Taroni, sua amante e, secondo l'accusa, complice. La Corte d'Assise del Tribunale di Busto Arsizio (Varese) ha accolto la richiesta di custodia cautelare ai domiciliari presentata dal suo avvocato Ennio Buffoli la scorsa settimana. Il medico dopo tre anni di carcere, andrà a casa dei genitori con il braccialetto elettronico.
Morti in corsia all'ospedale di Saronno: ai domiciliari il medico Leonardo Cazzaniga
Cazzaniga e Taroni furono arrestati il 29 novembre 2016 al termine di due anni di indagini condotte dai carabinieri. Il processo d'appello per l'infermiera Taroni si è concluso all'inizio di luglio con la conferma della condanna a trent'anni di carcere per gli omicidi del marito Massimo Guerra e della madre Maria Rita Clerici. Per l'accusa i due delitti, commessi tra il giugno 2013 e gennaio 2014, sarebbero avvenuti con la complicità di Cazzaniga. Il medico è imputato anche per la morte del suocero dell'infermiera, Luciano Guerra, accusa da cui Taroni è stata assolta.
È a processo per la morte di dodici pazienti e di tre parenti dell'infermiera Laura Taroni, sua amante e complice
Non si è ancora concluso, invece, il processo con rito ordinario a carico dell'ex viceprimario di Saronno. Cazzaniga è accusato di aver volontariamente causato la morte di dodici pazienti in corsia, somministrando loro cocktail di farmaci in sovradosaggio. Un mix letale di clorpromezina, midazolam, morfina, propofol e promaziona: erano gli ingredienti del "protocollo Cazzaniga". "A questo paziente applico il mio protocollo" e "faccio l’angelo della morte", sono le parole pronunciate dall'anestesista, intercettato dai militari. In aula, nel corso del processo, Cazzaniga si è difeso sostenendo di aver voluto evitare sofferenze ai pazienti: "Negli hospice le terapie palliative accelerano il decesso, perché l'obiettivo è la cessazione della sofferenza, che non significa desiderarne la morte", ha affermato.