Morte di Mattia Mingarelli, procura chiede archiviazione delle indagini per omicidio
Potrebbe calare il sipario sulle indagini sulla morte di Mattia Mingarelli. La procura di Sondrio il 26 giugno ha reso noto di aver avanzato la richiesta di archiviazione del procedimento penale, a carico di ignoti, per l'ipotesi di reato di omicidio. Il 30enne, originario di Albavilla (Como), era scomparso la sera del 7 dicembre 2018 nei boschi della Valmalenco. Era stato ritrovato morto il pomeriggio della vigilia di Natale ormai senza vita sotto il pilone di una seggiovia.
Quella di Mattia Mingarelli è una vicenda su cui non è mai stata fatta chiarezza. La sorella Elisa lo scorso autunno, a un anno dalla morte del giovane, era tornata a ribadire che per la famiglia non può essere stato un incidente. "Siamo convinti non si sia trattato di una caduta accidentale", aveva detto chiedendo che le indagini non venissero fermate. Ma gli inquirenti non avrebbero trovato riscontri che facciano pensare a un omicidio o un evento diverso dall'incidente. Nessun tipo di esame è stato tralasciato: da quello autoptico sul corpo di Mingarelli alle verifiche su computer e telefonini, compreso quello che il proprietario del rifugio "Ai Barchi" aveva tenuto per sé.
Il proprietario del rifugio è stato l'ultimo a vedere Mattia in vita. Giorgio Del Zoppo ha raccontare agli inquirenti di aver il 3oenne la sera della sua scomparsa: i due avevano consumato un aperitivo insieme nel rifugio. Poi Mattia si era allontanato forse per un passeggiata in compagnia del suo cane. L'animale era però rientrato in serata nella baita senza il suo proprietario. Il cellulare di Mattia era stato individuato dal titolare del rifugio e consegnato ai carabinieri. Un altro telefonino, proprio quello del gestore del rifugio, era stato poi sequestrato nei giorni scorsi dai Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Parma assieme al pc dell'uomo, che ha sempre negato ogni suo possibile coinvolgimento nella morte di Mattia.