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Milano, tornano le messe con i fedeli: “Ci è mancata tantissimo questa intimità con Dio”

“Ci è mancata tantissimo questa intimità con Dio, siamo contentissimi di tornare”. Così i fedeli della parrocchia di San Benedetto a Milano per la prima messa aperta al pubblico da due mesi a questa parte a causa dell’emergenza Coronavirus. Intervistato da Fanpage.it, il parroco don Luigino Brolese ha spiegato quali e dove sono state poste le attenzioni principali per garantire ai fedeli di seguire la celebrazione in sicurezza.
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A cura di Filippo M. Capra
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Riapre l'Italia, riapre la Lombardia, riapre Milano. E con loro anche le porte delle chiese che da oggi, lunedì 18 maggio, sono tornate ad accogliere i fedeli per le celebrazioni religiose. Al giusto timore che i cittadini hanno nel riunirsi in un luogo chiuso, fa da contraltare la voglia e la necessità di tornare gradualmente a vivere la Parrocchia e la messa con il sacerdote e in comunione con gli altri fedeli. Fanpage.it ha raggiunto la Parrocchia di San Benedetto a Milano per capire meglio come la chiesa è stata riorganizzata per garantire a tutti coloro che intendono seguire le funzioni la maggiore sicurezza possibile. Alle 18.30, in via Caterina da Forlì 19, il parroco don Luigino Brolese ha inaugurato quella che per molti è considerata una nuova stagione di fede: "Abbiamo modificato gli ingressi e le uscite", spiega. "Abbiamo indicato i percorsi da seguire con una serie di cartelli e cercato di offrire quanto più posto a sedere possibile", racconta don Luigino, spiegando che "grazie a Dio la nostra chiesa offre circa 265 posti perché è molto grande".

Cosa cambia per le celebrazioni religiose: dal segno di pace alla comunione

Appena fuori, un dispensatore che rilascia una piccola dose di igienizzante per le mani ad attivazione no touch: basta passare un'estremità sotto al sensore per vedersi rilasciato il liquido e pulirsi le mani prima di entrare. Per la prima messa della fase 2 dell'emergenza Coronavirus, i fedeli sono stati accolti sul presbiterio, ancora più vicini al sacerdote. Ma cosa cambia rispetto alle funzioni pre-Covid? "Non c'è il segno della pace – spiega don Luigino -, perché non ci si può dare la mano, e nemmeno la raccolta delle offerte, motivo per cui noi lasciamo un cestino in fondo alla chiesa per chi volesse donare qualcosa a messa conclusa". Cambia anche il rito della comunione, in quanto il fedele non si alzerà più per ricevere l'ostia ma sarà raggiunto "dal sacerdote o ministro di turno che, considerata la vicinanza con l'altra persona, indosserà una mascherina". Il dispositivo di protezione individuale che abbiamo imparato a conoscere ed usare, infatti, non è obbligatorio per il prete che celebra se non nei momenti in cui si trova vicino a uno o più fedeli che, al contrario suo, sono obbligati a indossare la mascherina per tutto il tempo della celebrazione. Al termine della funzione, poi, spiega don Luigino, "abbiamo attrezzato una stanzetta per procedere subito all'igienizzazione degli oggetti utilizzati. Per le messe domenicali, quando l'affluenza di fedeli sarà maggiore, istruiremo una squadra di lavoro che segua un protocollo per far sì che le cose siano fatte bene", assicura il parroco.

I fedeli: Mancava questa intimità con Dio

Ma come stanno vivendo i sacerdoti questo ritorno all'eucarestia (definita "il cuore della vita" dal parroco) in modo differente da come erano abituati? E i fedeli? Per quanto riguarda i primi, don Luigino spiega che "ci si adatta a vivere il rapporto con Dio anche in altri modi". Il sacerdote della parrocchia di San Benedetto offre poi anche un ragionamento sul comportamento dei fedeli, "liberi di vivere la propria fede ma forse anche un po' intimoriti", motivo per cui qualcuno potrebbe optare di restare a casa e seguire le funzioni in streaming o in televisione. Altri, invece, accolgono la chiamata delle campane e raggiungono la chiesa. Come una fedele, che ai microfoni di Fanpage.it, spiega di essere "contentissima" perché le è "mancata tantissimo questa intimità con Lui". E anche se ha sempre seguito le messe in streaming, e si sentiva come se fosse "in chiesa", ha deciso di cogliere l'occasione di tornare nuovamente nella Casa di Dio. Anche se non sarà come prima, perché come spiegato da don Luigino, mancherà il segno di pace: "Lo preferisco – risponde un po' a sorpresa la fedele, che argomenta – perché prima quando ci si scambiava il gesto di pace nessuno ti guardava in faccia. Ti dava la mano, faceva così (mima il gesto disinteressato, ndr). E così non è bello". Come un'altra fedele, che spiega: "Prima la seguivo in televisione, oggi proviamo a tornare per vedere la comunità che torna ad essere insieme".

(Ha collaborato Davide Arcuri)

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