Milano, sulla rotta europea dell’hashish. Preso corriere con 52 chili nascosti nell’auto cassaforte
Quando gli agenti hanno fermato la sua Citroën con targa francese, Bansar El Mati ha tentato di mantenere la calma. Ha seguito le indicazioni che gli avevano dato nel caso di un controllo: respirare, essere pacato e restare lucido. Ma il sudore non lo puoi controllare così facilmente e quelle gocce comparse all’improvviso sulla sua fronte e sulla tempia, lo hanno incastrato come un cartello luminoso.
I poliziotti del commissariato Lorenteggio di Milano hanno capito di aver trovato l’uomo giusto e sono passati a un controllo più approfondito della sua auto. Dopo due ore di lavoro, hanno recuperato 52 chili di hashish nascosti tra il paraurti e un vano ricavato nei due assi laterali sopra la linea degli pneumatici.
Hashish per mezzo milione di euro
Ben 52 panetti di peso e forma varia, perfettamente confezionati con giri e giri di nastro isolante che avrebbe dovuto confondere i cani antidroga ma anche rendere impermeabile la sostanza in caso di pioggia. Quella Citroën veniva dalla Francia, gli accertamenti dicono dalla parte occidentale, dal lato che guarda il golfo di Biscaglia. È una delle rotte internazionali dell’hashish, che parte dal Marocco e attraversa la Spagna su gomma. Sempre più spesso le organizzazioni scelgono corrieri con il profilo di Bansar El Mati, un marocchino di 53 anni, incensurato e con regolare permesso di soggiorno rilasciato dalla questura di Torino nel 2018. Un uomo pulito, fuori dai giri già monitorati dagli investigatori, un insospettabile che avrebbe dovuto solo portare a destinazione un carico. Nelle sue mani c’era un piccolo capitale: 180mila euro se venduto all’ingrosso, oltre mezzo milione di euro al dettaglio. Soldi che qualcuno ora non vedrà, con tutte le conseguenze nei vari assetti criminali delle piazze nella zona est di Milano.
Le regole del sistema
Con il sequestro del 19 febbraio gli uomini della squadra investigativa di Lorenteggio hanno dato un duro colpo all’economia sommersa dell’area, dove da anni ormai lo spaccio è regolato dai principi del mercato libero. Chiunque può vendere e fare il proprio prezzo, i problemi nascono solo nel caso in cui qualcuno voglia comprare direttamente dal paese produttore. A quel punto interviene il “sistema” (sia ‘ndrangheta, camorra o criminalità straniera), che segue semplici regole di ingaggio ben radicate: “Chi fa il furbo viene punito. E se non capisce subito, lo capirà”.
Neppure i traditori sono ben visti e il marocchino, per quanto incensurato, sa come funziona nell’ambiente. Ha preferito incassare l’accusa di traffico internazionale di droga piuttosto che fare i nomi di complici e committenti. Eppure è il primo a sapere che deve esserci stata una talpa, una fonte che ha segnalato agli investigatori che quella Citroën che girava per il quartiere (e poi fermata a Settimo Milanese) non era un’auto come tante.
L’hashish non era semplicemente nascosto a bordo, era stato infilato in vani ricavati grazie al lavoro di un’officina specializzata in queste operazioni. In particolare i 21 panetti infilati negli assi longitudinali alle gomme sono stati posizionati in uno spazio che si può ottenere solo attraverso una modifica della struttura del veicolo. Erano stati annodati gli uni agli altri con un filo di spago per recuperarli senza fatica. Merce di ottima qualità, che invece di essere marchiata a freddo sulla tavoletta aveva un adesivo con la scritta “Super Lemon Haze” e “Gaga”, come la cantante. Di recente, lo stesso commissariato, ha sequestrato hashish con il nome di Anelka, l’ex calciatore della nazionale francese. Anche la droga ha i suoi brand.