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Milano, scoperta frode da 300 milioni di euro nel settore della macellazione: 17 arresti

Una maxi frode al Fisco da circa 300 milioni di euro è stata scoperta dalla guardia di finanza di Rho, coordinata dalla procura di Milano. Diciassette le persone arrestate, tra cui imprenditori e commercialisti. Al centro della frode un consorzio di società operanti nel settore della macellazione e della lavorazione delle carni. Sequestrati oltre 90 immobili tra cui ville e locali notturni, auto di lusso e due yacht.
A cura di Francesco Loiacono
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La guardia di finanza di Rho, in provincia di Milano, ha scoperto una frode da circa 300 milioni di euro nel settore della macellazione e della lavorazione delle carni. Diciassette gli arresti eseguiti nella giornata di ieri nella provincia di Milano e in altre città in tutta Italia. Cinque persone, tra cui i due presunti capi del sodalizio criminale, sono finite in carcere: altre 12 agli arresti domiciliari. Quattro liberi professionisti coinvolti nelle indagini sono invece stati colpiti dall'obbligo di firma e dall'interdizione per un anno dall'esercizio dell'attività. Oltre agli arrestati, ci sono più di 50 persone indagate a piede libero. A coordinare l'inchiesta sono stati i sostituti procuratori della procura della Repubblica di Milano Gianfranco Gallo e Maurizio Ascione, che hanno chiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari Guido Salvini le 21 ordinanze di custodia cautelare. Nella stessa ordinanza il giudice Salvini ha disposto un maxi sequestro di beni ritenuti nella disponibilità degli indagati: sequestrati a fini di confisca oltre 90 immobili, incluse ville di lusso, appartamenti, ristoranti e locali notturni, 35 autovetture, due yacht, conti correnti e gioielli per un valore complessivo di circa 60 milioni.

I proventi della frode reinvestiti nell'acquisto di vivai di vongole

Al centro della milionaria frode al Fisco c'era un consorzio di società operanti nel settore della macellazione e della lavorazione delle carni. Le indagini hanno consentito di accertare l'inconsistenza dell’intera struttura consortile che era stata utilizzata dai vertici del sodalizio per conquistare progressivamente il monopolio del mercato nazionale di riferimento e movimentare ingenti masse di capitali illeciti. Tutte le società (generalmente Srl o Srls) facenti parte del consorzio (denominato Sg), sono risultate intestate a semplici “prestanome”. In queste società venivano creati, attraverso fatture per operazioni inesistenti e dichiarazioni annuali fraudolente, enormi crediti Iva fittizi, che venivano poi riscossi consentendo di accumulare capitali illeciti. I proventi della frode, secondo l'ordinanza del giudice Salvini, venivano reinvestiti dai due principali indagati (A.B. e F.G.) in diverse attività, tra cui l'acquisto di vivai di vongole. Secondo il giudice Salvini, il consorzio Sg era un ente nella totale disponibilità dei due principali indagati. La riprova sarebbero un sms e una conversazione nelle quali uno dei due chiede all'altro di effettuare un bonifico di diecimila euro sul conto della società "Frutta di Mare". Si tratta di un'azienda che si occupa della compravendita di mitili tra le province di Ferrara, Rovigo e Venezia e che, sebbene formalmente intestata al nipote di uno degli indagati, sarebbe in realtà gestita dallo stesso A.B.. L'uomo, che utilizzava quest'azienda per l'acquisto dei vivai di vongole, voleva farla "diventare la società numero uno nella compravendita delle vongole a Goro", comune sul Delta del Po. I militari della guardia di finanza impegnati nell'operazione sono stati duecento: oltre agli arresti, sono state effettuate diverse perquisizioni nelle province di Bari, Bergamo, Biella, Brescia, Caserta, Crotone, Fermo, Foggia, Forlì-Cesena, Lecce, Macerata, Milano, Modena, Novara, Rimini, Roma, Savona, Taranto, Teramo, Torino, Venezia e Vercelli.

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