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Milano, protesta di ristoratori e gestori di bar all’Arco della Pace: “Se apriamo falliamo”

Ristoratori e gestori di bar scendono simbolicamente in piazza a Milano per chiedere regole chiari e interventi immediati al governo sul loro futuro: sedie vuote posizionate all’Arco della Pace a rappresentare le attività commerciali delle oltre 2mila attività che ha aderito all’iniziativa. Cinquanta i commercianti presenti che hanno denunciato: “Non si può sopravvivere col delivery, ci sono le bollette e gli affitti da pagare oltre agli stipendi dei dipendenti – spiega il portavoce della protesta – se apriamo falliamo”.
A cura di Chiara Ammendola
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La protesta all'Arco della Pace a Milano
La protesta all'Arco della Pace a Milano
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Incassi ridotti, regole poco chiare e dipendenti da pagare: sono questi punti della protesta di ristoratori e proprietari di bar che questa mattina si sono dati appuntamento all'Arco della Pace a Milano per protestare contro il governo sulla riapertura delle attività commerciali. Sedie vuote in piazza con cartelli affissi per chiedere chiarezza sul futuro: presenti circa 50 commercianti che rappresentano le circa 2mila attività che hanno voluto prendere parte a questa iniziativa che ha creato l'hashtag #iononapro per l'occasione.

Delivery o asporto non sono la soluzione al problema

Portavoce della protesta il ristoratore Alfredo Zini che spiega: "Abbiamo incassi ridotti del 70% e rischiamo di non riaprire più. Non basta dire che alla riapertura dovremo usare il plexiglas per dividere i tavoli, vogliamo regole chiare perché viviamo di convivialità". L'opzione del delivery o dell'asporto non sembra essere una soluzione adatta a molti bar e ristoranti che non potrebbero sopravvivere con gli incassi derivanti solo da quel tipo di vendita: "Possono farlo le imprese familiari che non hanno dipendenti da pagare ma con quei ricavi non un'azienda non può stare in piedi – continua Zini – così possiamo pagare qualche utenza mensile o qualcuno paga la cassa integrazione ai dipendenti visto che ancora non è arrivata".

Potocolli rigidi, affitti e bollette da pagare: così non si può riaprire

È un futuro incerto quello dei commercianti milanesi che rischiano di diventare le nuove vittime della crisi economica e sociale causata dal Coronavirus. Poco lavoro, entrate minime e spese troppo elevate rispetto al fatturato, per questo #iononapro spiegano: "Non c'è futuro per le nostre attività, se apriamo falliamo. Lo Stato usa due pesi a due misure: i nostri protocolli sanitari sono rigidissimi e in più non ci permettono di licenziare, dobbiamo pagare anche affitti e bollette e sono mesi che siamo chiusi", spiega un altro dei commercianti presenti alla protesta.

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