Milano, morto Francesco Saverio Borrelli, l’ex capo del pool Mani pulite
È morto a Milano, all'età di 89 anni, Francesco Saverio Borrelli, il magistrato che fu a capo del pool di "Mani Pulite" durante la famosa Tangentopoli degli anni Novanta. Borrelli, nato a Napoli il 12 aprile del 1930, è morto oggi, sabato 20 luglio, nell'hospice dell'Istituto dei Tumori di Milano, in zona Città studi, dove era ricoverato da tempo. Entrato in magistratura nel 1955, ha lavorato per quasi tutta la sua carriera da magistrato a Milano. Il suo nome è legato allo scandalo che segnò la fine della prima Repubblica, Tangentopoli, emerso il 17 febbraio del 1992 con l'arresto del socialista Mario Chiesa al Pio albergo Trivulzio di Milano. Da allora il nome di Borrelli e quelli dei suoi colleghi del pool di "Mani pulite" Antonio Di Pietro, Gerardo D'Ambrosio, Gherardo Colombo, Ilda Boccassini e Piercamillo Davigo divennero noti anche al pubblico che non si interessava solitamente di cronaca giudiziaria.
La carriera del magistrato Francesco Saverio Borrelli
A Milano Francesco Saverio Borrelli, dopo molti anni come pubblico ministero, è stato procuratore aggiunto dal dicembre del 1983 fino al maggio del 1988, quando divenne Procuratore capo. Dal marzo del 1999 all'aprile del 2002 è stato invece procuratore generale della Corte d'appello di Milano. Dopo la pensione ha continuato a ricoprire incarichi importanti: a seguito dello scandalo "Calciopoli" venne nominato capo dell'ufficio indagini della Federazione italiana gioco calcio dall'allora commissario straordinario Guido Rossi. Nel 2007 è stato nominato inoltre presidente del Conservatorio di Milano: la musica lirica è stata da sempre una grande passione del magistrato, assiduo frequentatore del Teatro alla Scala.
Le sue frasi più importanti
Due sono le affermazioni di Borrelli che forse più hanno fatto discutere, rilasciate in diversi periodi storici. A dicembre del 1993, in piena Tangentopoli, rivolse ai candidati alle elezioni politiche che si sarebbero tenute di lì a poco un monito: "Se hanno scheletri nell'armadio, li tirino fuori prima che li troviamo noi". Una frase simbolo della sua determinazione nell'inchiesta che lo portò ad esempio a indirizzare al leader socialista Bettino Craxi il primo avviso di garanzia. Un altro discorso celebre fu quello tenuto nel gennaio del 2002 all'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte d'appello, una delle ultime uscite pubbliche prima della pensione. In quella circostanza, riferendosi alle riforme della magistratura volute dal governo Berlusconi, pronunciò uno slogan ricordato poi a lungo: "Resistere, resistere, resistere", mutuato da un discorso di Vittorio Emanuele Orlando dopo la disfatta di Caporetto.