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Milano, le indagini sull’auto rubata ad Aurora Ramazzotti svelano un traffico illecito: 15 denunce

Dalle indagini sul furto della minicar utilizzata dalla figlia del popolare cantante la procura di Milano ha scoperto un “traffico” illecito che ha portato a 15 denunce con le accuse di riciclaggio, ricettazione, truffa, uso di atti falsi, distruzione di atti veri. Gli indagati rubavano le auto e poi le “ripulivano”, immatricolandole con nuovi numeri di telaio.
A cura di Francesco Loiacono
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Dal ritrovamento della minicar rubata nel 2013 ad Aurora Ramazzotti, la figlia del popolare cantante Eros, la procura di Milano è risalita a un traffico illecito che ha portato a 15 denunce. Tutto è nato quando gli agenti della stradale di Piacenza hanno trovato nella città emiliana la minicar francese rubata  nel gennaio 2013 ad Aurora Ramazzotti. La showgirl, che allora non aveva ancora esordito nel mondo dello spettacolo, l'aveva parcheggiata davanti al suo liceo milanese e non l'aveva più ritrovata al termine delle lezioni. Il ritrovamento era avvenuto qualche mese dopo il furto, grazie alla segnalazione fatta alla Polstrada da un importatore di Piacenza. Da lì è poi partita l'inchiesta della procura milanese, che ha portato alla denuncia di 15 persone per i reati di riciclaggio, ricettazione, truffa, uso di atti falsi, distruzione di atti veri.

Gli inquirenti hanno scoperto un meccanismo fraudolento grazie al quale 15 vetture sarebbero state "ripulite" dopo il loro furto, e reimmatricolate con numeri di telaio nuovi e documenti contraffatti. Anche la vettura di Aurora Ramazzati, quando era stata ritrovata, aveva un diverso numero di telaio e targa: in questa maniera era stata rivenduta.

A rendere possibile il "traffico" illecito anche la complicità tra un autosalone di Milano e un'agenzia di pratiche auto dell'hinterland milanese. Per scoprire il giro la polizia ha esaminato oltre seicento pratiche alla Motorizzazione di Milano e ha inoltre effettuato perquisizioni e sequestri in alcuni uffici pubblici di Milano, Roma, Napoli, L'Aquila e Reggio Calabria, nei Comuni di Platì e Rosarno. I veicoli rubati sui quali erano state compiute operazioni di riciclaggio, con la cancellazione dei numeri di telaio originali e la ripunzonatura apocrifa di un nuovo numero, venivano immatricolati mediante presentazione di documenti contraffatti. Il funzionario della motorizzazione di Milano che trattava la pratica, indotto in errore dalla documentazione apparentemente genuina, immatricolava il veicolo e consegnava la targa e il certificato di circolazione. Precisi e distinti i ruoli nel meccanismo fraudolento: l'agenzia automobilistica si occupava delle pratiche di immatricolazione utilizzando documenti falsi, mentre la concessionaria, tramite i suoi canali di vendita, diretti presso la sua sede, e tramite portali del settore in internet, metteva in commercio i veicoli sfruttando la buona fede degli acquirenti.

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