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Milano, detenuto con tumore terminale chiede di morire da uomo libero, ma l’ok arriva troppo tardi

È morto all’ospedale San Paolo di Milano dove era ricoverato a causa di un peggioramento delle sue condizioni il detenuto Giorgio C. che aveva fatto richiesta di vivere i suoi ultimi giorni da uomo libero. Il 58enne che stava scontando una condanna nel carcere di Opera era infatti affetto da un tumore ai polmoni allo stadio terminale: il suo avvocato ha scritto una lettera, inviato anche al ministro Bonafede, per raccontare la sua storia e chiedere che vengano effettuati controllo per capire se vi siano state violazioni dei suoi diritti di detenuto e di malato.
A cura di Chiara Ammendola
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Solo cinque giorni fa aveva scritto alla Corte d'Appello di Milano affinché gli fosse concesso di morire da uomo libero, aveva chiesto "un gesto di umanità e clemenza" dopo che nel maggio di quest'anno gli era stato diagnosticato un tumore ai polmoni. Aveva compreso di essere vicino alla fine dei suoi giorni e per questo il suo desiderio era quello di poter morire nella sua casa da uomo libero. Ma la risposta positiva della Procura Generale alla sua richiesta è giunta in ritardo: nel frattempo infatti il 58enne Giorgio C., detenuto del carcere di Opera, è morto. A raccontare la sua vicenda il suo avvocato, Francesca Brocchi, che, ha scritto una lettera che ha inviato tra gli altri al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, e al capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Francesco Basentini. Lo ha fatto perché vuole che su questa vicenda vengano effettuati degli accertamenti, per capire se vi siano state violazioni dei diritti di detenuto e di malato del suo assistito.

Giorgio C., 58 anni, stava scontando una condanna a 5 anni e 8 mesi in primo grado, per rapina nel carcere di Opera a Milano. Nella missiva, che l'avvocato ha inviato anche al Provveditore Regionale alle Carceri Pietro Buffa, al Difensore Civico lombardo Carlo Lio, all'assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera e al presidente della Commissione Carceri del Comune di Milano, Anita Pirovano, Brocchi sottolinea come l'uomo non avesse nessuno se non lei, suo difensore. Cinque pagine nelle quali viene raccontata l'intera vicenda, dall'inizio alla fine: i primi problemi di salute per il suo assistito iniziano nel dicembre del 2018 quando inizia a manifestare oltre a tosse e difficoltà respiratorie, anche "dolore persistente al polmone sinistro". La conferma della infausta diagnosi però, dopo una prima riadografia al torace sospetta effettuata il 12 aprile di quest'anno, arriva solo a maggio del 2019 grazie a una "Tac-Pet": tumore ai polmoni, allo stadio terminale. L'avvocato del 58enne intanto ha chiesto alla Corte d'Appello di valutare la compatibilità del suo stato di salute con il carcere e chiedendo che la misura cautelare venga sostituita con obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, così da consentirgli di potersi curare.

Ed è qui che si mette in moto la macchina della burocrazia che allunga i tempi e che vede da un lato il carcere di Opera, secondo quanto si legge nella lettera, faticare nell'invio di documenti e relazioni sullo stato di salute del detenuto (nel frattempo ricoverato nel Centro Clinico del carcere) e dall'altro i giudici che in assenza delle relazioni non possono acconsentire o rifiutare le richieste del legale. Intanto le condizioni di salute di Giorgio C. peggiorano tanto da necessitare un ricovero il 18 luglio all'ospedale San Paolo dove viene trasferito nel reparto di rianimazione, cosa della quale non viene informata né l'Autorità Giudiziaria né il difensore. Intanto la procura generale dà il via libera agli arresti domiciliari in un hospice, mentre Giorgio C. il 26 luglio finisce nuovamente in ospedale, nel reparto di terapia intensiva a causa di un peggioramento delle sue condizioni: soffre molto il 58enne e per questo il suo legale gli promette "che avrebbe continuato a battersi per lui, per fare in modo che potesse morire da uomo libero". Decisione che giunge ieri quando il Procuratore generale decide per la revoca della misura cautelare disponendo l'obbligo di firma, ma è troppo tardi, perché Giorgio C. è morto. Ora l'avvocato chiede "di approfondire se vi siano state violazioni dei suoi diritti di detenuto e di malato, anche a causa del ritardo nella diagnosi della patologia oncologica che lo ha colpito, ovvero nel ritardo/omissione delle doverose comunicazioni all'Autorità Giudiziaria competente per la misura cautelare ed al difensore" da parte della casa di Reclusione di Opera dove era in cella dallo scorso novembre.

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