Milano, all’ospedale Niguarda primo trapianto di fegato da donatore a cuore fermo
Un intervento così, in Italia, non si era ancora visto. All'ospedale Niguarda di Milano lo scorso 3 settembre un 40enne ha ricevuto un nuovo fegato da un donatore in arresto cardiaco. Una procedura che in Italia trovava finora ostacoli nel tempo tecnico che deve passare da quando il cuore cessa di battere al momento in cui i medici possono dichiarare morto il paziente: 20 minuti. In questo periodo il rischio concreto che l'organo da espiantare si comprometta per lo scarso afflusso di ossigeno (ischemia) è elevato. Ma, in questo caso, è stato aggirato da un macchinario, l'Ecmo (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation), ossia la macchina cuore-polmoni, che ha garantito l'ossigenazione del fegato del donatore permettendo poi il suo trapianto nel corpo del ricevente.
Milano, all'ospedale Niguarda primo trapianto di fegato da donatore a cuore fermo
Finora l'Ecmo era stata utilizzata per la rianimazione di pazienti: celebre il caso di un ragazzino di 14 anni che era rimasto sott'acqua per quasi un'ora e poi, proprio grazie a questo macchianario, era "miracolosamente" tornato a vivere dopo un mese di coma. Adesso, l'utilizzo dell'Ecmo per i trapianti di fegato potrebbe aprire una strada importante, "aumentando del 10 per cento il numero di organi utilizzabili", spiega Luciano De Carolis, direttore dell’équipe di Chirurgia generale e dei trapianti di Niguarda. Una percentuale che potrebbe anche salire, almeno se si guarda a quanto avviene negli Usa, dove però il tempo per dichiarare morto un paziente da quando il suo cuore smette di battere è di cinque minuti: negli States si recuperano così circa il 20-25 per cento di organi.
L'esito del trapianto effettuato al Niguarda – ma l'espianto era avvenuto al Policlinico San Matteo di Pavia – è stato positivo: il paziente sta bene e sta avendo un decorso eccellente. Sarà dimesso nei prossimi giorni.