Milano, 39 anni fa l’omicidio del magistrato Guido Galli. La lettera del figlio: “Un eroe normale”

Trentanove anni fa, il 19 marzo del 1980, a Milano veniva assassinato Guido Galli. Il magistrato e docente universitario venne ucciso da un commando di terroristi di Prima linea davanti all'aula dell'Università Statale di Milano in cui doveva fare lezione. Un'aula, la 309 nella sede di Festa del perdono, che ora è dedicata proprio a lui, come ricordato anche da una targa. Nell'anniversario della morte di Guido Galli, che cade proprio il giorno in cui si celebra la Festa del papà, uno dei figli del magistrato ucciso, Giuseppe, ha voluto ricordarlo con una lunga e commovente lettera inviata al "Corriere della sera": "Trentanove anni fa io avevo un papà, che mi è stato sottratto il giorno della festa di tutti i papà. Avevo dodici anni", scrive Giuseppe Galli all'inizio della sua missiva. Il magistrato aveva cinque figli, eppure riusciva a conciliare perfettamente la sua intensa vita professionale con gli impegni famigliari: "Non ricordo una sola volta in cui abbia deluso le nostre aspettative, sempre disponibile, sempre pronto ad ascoltarci. Come dimenticare le cartoline che ci inviava ogni volta che viaggiava per lavoro? ‘Un bacino, papà'. Solo tre parole, di una tenerezza infinita".
Nella lettera Giuseppe Galli sottolinea come la loro madre, moglie del magistrato, abbia cercato di non far pesare sui figli la figura del padre, dando loro l'idea che fosse una persona normale. Una "bugia", detta probabilmente a fin di bene, della quale Giuseppe, i suoi fratelli e le sue sorelle si sono resi conto subito: sono cresciuti nella scuola elementare che è stata poi intitolata proprio al padre dal Comune di Milano (che a Guido Galli ha dedicato anche un parco e una targa), hanno percepito "la sua presenza costante in un ricordo che non sfuma mai, ma, anzi, diventa sempre più nitido e distinto nel tempo" grazie anche alle tante iniziative che in occasione dell'anniversario dell'omicidio del padre vengono intraprese soprattutto dal tribunale di Milano, la cui aula magna è intitolata a Guido Galli e al collega magistrato Emilio Alessandrini, assassinato nel 1979 sempre da Prima linea.
Il figlio: Un eroe normale, la sua presenza è sempre viva
Un "eroe normale", lo definisce il figlio, come le altre vittime del terrorismo a Milano nel triennio 1979-1981: Alessandrini e Walter Tobagi: "Tre uomini normali, diventati eroi loro malgrado, assassinati da un terrorismo che colpiva i ‘bravi', chi faceva bene il proprio mestiere". "In un’epoca dominata da egoismi e personalismi, in anni in cui chi grida di più vince, il suo lascito di rigore, competenza, sobrietà non deve cadere invano. Credo sia questo il testamento morale che ci lasciano questi ‘eroi normali': vivere nel rispetto degli altri, onorando il proprio mestiere, senza mai cedere a compromessi", scrive Giuseppe Galli, che conclude la sua lettera al Corriere così: "A tutti noi Guido Galli ha lasciato la sua ‘lezione', a tutti noi è toccata in sorte la sua eredità, non so se tutti siamo riusciti a farne tesoro. Quello che so è che la sua presenza è sempre viva. Lui è qui, nelle aule del Tribunale, tra gli studenti della sua Università, nelle nostre famiglie, accanto a noi, tutti i giorni. Per sempre".
Il ricordo del Csm
La figura del magistrato ucciso da Prima linea è stata ricordata per tutta la settimana dall'Università Statale attraverso un ciclo di incontri. Anche il Consiglio superiore della magistratura ha voluto ricordare Guido Galli con un'iniziativa speciale: pubblicando sul proprio sito alcuni atti estrapolati dal fascicolo personale del magistrato per ricordarne la caratura morale e la vasta preparazione professionale. Tra gli atti pubblicati c'è anche lo stralcio di una lettera inviata da Guido Galli al padre Roberto il 4 gennaio 1957. Nella missiva Guido spiega così la volontà di entrare nella magistratura: "…perché vedi papà, io non ho mai pensato ai grandi clienti o alle ‘belle sentenze' o ai libri; io ho pensato soprattutto, e ti prego credere che dico la verità come forse non l’ho mai detta in vita mia, a un mestiere che potesse darmi la grande soddisfazione di fare qualche cosa per gli altri".