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Milano, 32enne muore in Svizzera mediante suicidio assistito. Il giudice: “Non potevamo fermarlo”

Un uomo di 32 anni, originario del Milanese, quest’estate si è recato in una clinica svizzera per porre fine alla propria vita mediante suicidio assistito. E lo ha fatto dopo che la magistratura, informata della sua intenzione, ha deliberato l’impossibilità di ingerirsi nella sua scelta, compiuta con lucida consapevolezza. L’episodio è stato reso noto nel corso di un incontro alla Statale.
A cura di Francesco Loiacono
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Un uomo di 32 anni, residente a Milano, quest'estate si è recato in una clinica svizzera per porre fine alla propria vita mediante suicidio assistito. E lo ha fatto dopo che la magistratura, informata della sua intenzione, ha deliberato l'impossibilità di ingerirsi nella sua scelta, compiuta con lucida consapevolezza. La vicenda è riportata da Luigi Ferrarella sul "Corriere della sera". Come spiegato dal cronista di giudiziaria, non si tratta della "generale affermazione di un diritto al suicidio, e tantomeno un’autorizzazione del Tribunale": semplicemente, nel caso specifico del 32enne, il giudice Paola Corbetta ha respinto la richiesta del pubblico ministero Luisa Baima Bollone, che chiedeva che fosse nominato un amministratore di sostegno per l'uomo.

Il 32enne, invalido al 100 per cento, non era capace di avere relazioni con il mondo

Occorre dunque soffermarsi su questo caso specifico, portato alla luce in occasione del confronto scientifico dal titolo "La morte sfida il diritto" che si è svolto ieri mattina all’Università Statale tra lo stesso pm Baima Bollone, il giurista Luciano Eusebi e i medici Alfredo Anzani e Mario Riccio. Il 32enne che ha scelto di suicidarsi in Svizzera ha trascorso 15 anni della sua vita in cura nel centro psicosociale di un ospedale lombardo. Gli era stata riconosciuta un'invalidità al 100 per cento per un "grave disturbo schizoaffettivo". L'uomo aveva una personalità borderline e antisociale: non era capace di avere relazioni con il mondo e a causa di questa incapacità provava una profonda sofferenza e non riusciva a compiere anche elementari atti quotidiani. Da qui aveva maturato lucidamente l'idea di recarsi in Svizzera per il suicidio assistito: una decisione che si era rafforzata dopo che la sorella del 32enne, anche lei affetta da una patologia psichiatrica, aveva provato a togliersi la vita lanciandosi da una finestra e rimanendo tetraplegica.

Il giudice ha riconosciuto la piena capacità di intendere e di volere del 32enne

Un famigliare del 32enne aveva parlato della sua decisione col medico che lo assisteva, che aveva deciso di segnalare il caso alla magistratura. Dopo aver ascoltato alcuni psichiatri e l'uomo, riconoscendone la piena capacità di intendere e volere e l’impossibilità di futuri miglioramenti nonostante le terapie già accettate e seguite dal 32enne, è arrivata la decisione della giudice. Che ha di fatto dato il via libera all'ultima trasferta in terra elvetica dell'uomo.

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