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Covid 19

“Mia figlia Elisa, disabile gravissima e senza assistenza”: la denuncia dei genitori rimasti soli

“Mia figlia Elisa ha 4 anni e mezzo. Ha bisogno di assistenza a tempo pieno, non può mai restare sola. Ma gli infermieri che si occupano di lei erano senza mascherina e abbiamo dovuto chiedergli di non venire più. Poi la sua tata si è ammalata di coronavirus”. Come molti genitori di bambini con disabilità gravi, Mariella Meli e suo marito con l’emergenza si sono trovati soli a gestire una quotidianità impossibile. La giovane madre ha raccontato a Fanpage.it la sua storia. Tre comitati lo scorso 17 marzo hanno scritto una lettera ai vertici di Regione Lombardia per chiedere una task force regionale dedicata alle famiglie con disabili, un protocollo per proteggerle, una campagna di test sierologici per gli operatori, mascherine e altri dispositivi: “Non abbiamo ricevuto risposta”.
A cura di Simone Gorla
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"Mia figlia si chiama Elisa, ha 4 anni e mezzo ed è gravemente disabile. Ha una tetraparesi spastica dovuta a un'anossia che ha provocato gravi danni a entrambi gli emisferi cerebrali. Non parla. Non si muove, non cammina, non mangia. Riesce a muovere solo una mano, che però non controlla. Non può svolgere nessun tipo di attività quotidiana in autonomia. Ha gravi problemi di salute tra cui crisi respiratorie ed epilettiche, improvvisi innalzamenti e abbassamenti della temperatura del corpo. Il suo corpo è fragilissimo e, se dovesse contrarre il virus, difficilmente potrebbe sopravvivere". Mariella Meli, mamma di una bimba disabile che ha bisogno di assistenza a tempo pieno, racconta a Fanpage.it il dramma che la sua famiglia, e tanti altri nuclei con bambini con disabilità, stanno vivendo dall'inizio dell'emergenza coronavirus.

Bimbi disabili gravissimi, il dramma dei genitori lavoratori

"Siamo due genitori lavoratori, io sono un'assistente e mio marito un informatico. Da quando ci sono stati i primi casi ufficiali di covid siamo rimasti a casa tutti e due, perché con una bambina come la nostra non si può prendere nessun rischio", racconta Mariella. In caso di malattia, anche solo portare sua figlia in ospedale sarebbe un rischio enorme. "E la saturazione degli ospedali nel mese di marzo ci ha fatto ben capire che Elisa sarebbe stata la malata con meno possibilità di salvarsi. Avrebbe avuto meno chance degli altri".

Mariella e suo marito lavorano in smart working, ma la loro figlia ha necessità di ricevere assistenza 24 ore su 24. Non la si può perdere di vista nemmeno per un attimo: potrebbe avere una crisi improvvisa, qualcuno deve sempre vegliare su di lei. "Come tutti, in questo momento non abbiamo l'aiuto dei nonni. La nostra famiglia è beneficiaria della misura B1 (fondi per la disabilità gravissima ndr) con cui facevamo venire due infermieri a casa, oltre a una tata assunta – racconta -. La gestione di nostra figlia a livello infermieristico è complicata, è un enorme impegno quotidiano".

Infermieri senza mascherina lasciati a casa: "Si è ammalata anche la tata"

"Con l'epidemia abbiamo chiesto agli assistenti domiciliari di non venire più, perché ovviamente vedono anche altri bambini e girano in molte case, non volevamo rischiare. Gli infermieri non avevano le mascherine e nemmeno noi riuscivamo a dargliele. Abbiamo tenuto solo la tata, la cui presenza ci che era indispensabile per poter lavorare", racconta ancora Mariella. Qualche settimana dopo, però, la tata è risultata positiva al covid-19. ”È stata ricoverata e ora è in quarantena. Quando si è ammalata era già in ferie da 14 giorni perché non ce la sentivamo più di rischiare. Noi stiamo tutti bene, ma la nostra situazione è diventata insostenibile. Non possiamo fare venire operatori a casa perché sarebbe troppo rischioso, mentre nostra figlia ha bisogno di cure costanti. Intanto io, non potendo rientrare al lavoro, devo essere messa in cassa integrazione.

"Chiediamo di non essere lasciati soli. Ci serve un'assistenza protetta almeno per qualche ora al giorno che ci dia respiro, perché non ce la facciamo più. Trovino una persona a cui venga fatto il tampone per escludere il covid, che sia dotata di tutti i presidi di sicurezza. Il minimo è fornire mascherine a chi fa assistenza e ai genitori, perché i rischi dei nostri bambini sono molto più alti degli altri. Già a marzo abbiamo chiesto queste cosa senza ricevere risposte. Intanto hanno distribuito mascherine gratis a tutti nelle edicole e nei supermercati. Non vogliano la guerra tra poveri, solo non essere discriminati".

Nicoletti (Comitato famiglie disabili): Senza aiuto molti genitori non torneranno a lavorare

Sono moltissime le famiglie che vivono situazioni di questo tipo in Lombardia e si chiedono che fine faranno i loro figli quando, col la "fase due", i genitori torneranno al lavoro mentre scuole, centri diurni e servizi sono chiusi. "Sappiamo che è una situazione di guerra. La situazione negli ospedali era drammatica, quindi abbiamo aspettato. Ma ora vogliamo risposte", spiega Fortunato Nicoletti, presidente del Comitato famiglie disabili lombarde. "Molte famiglie hanno sospeso gli infermieri a casa perché arrivavano senza mascherine. Ad alcuni riusciamo a fornirle noi ma non bastano. Continuo a ricevere chiamate da mamme angosciate. Bambini autistici o con altri problemi comportamentali, chiusi in casa, sono a fortissimo rischio di farsi male, di procurarsi danni anche permanenti. Cosa accadrà ai nostri figli? Non ne abbiamo nessuna idea. Il 4 maggio molti genitori non andranno a lavorare". Tre comitati di famiglie lo scorso 17 marzo hanno scritto una lettera ai vertici di Regione Lombardia per chiedere una task force regionale dedicata alle famiglie con disabili, un protocollo per proteggerle, una campagna di test sierologici per gli operatori e di fornire mascherine e altri dispositivi. "Non abbiamo ricevuto risposta", racconta Nicoletti sconsolato.

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