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L’inchiesta di Report sui camici ospedalieri venduti a Regione Lombardia dal cognato di Fontana

Ecco quanto svelato dall’inchiesta di Report circa l’assegnazione senza gara di appalto della fornitura di camici durante l’emergenza Coronavirus in Lombardia da parte della Regione, presieduta da Attilio Fontana, nei confronti dell’azienda Dama S.p.A. di Andrea Dini, fratello della moglie del governatore lombardo Roberta Dini.
A cura di Redazione Milano
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Nell'inchiesta di Report in onda questa sera, lunedì 8 giugno, viene posta al centro dell'attenzione la fornitura di camici per il personale sanitario da parte di una società, la Dama spa, riconducibile alla moglie del presidente della Lombardia Attilio Fontana e gestita dal cognato del governatore. La Regione, aiutata in tal senso anche da Armani, che ha provveduto per beneficenza a parte della medesima fornitura, avrebbe affidato ad Aria, l'Azienda regionale degli acquisti, la missione di trovare altri fornitori. Gli acquisti dei dispositivi di protezione individuale da parte della Lombardia sono visibili tutti sul sito della Regione, ma, come sottolineato da Report, ne mancherebbe uno. Proprio quello relativo all'acquisto di camici dalla società del cognato di Fontana.

Report, a suffragio della sua tesi, ha raccolto la testimonianza di un dipendente della Regione Lombardia, che ha preferito mantenere l'anonimato, il quale ha dichiarato che "questa è una storia che è rimasta nascosta, ma nella Regione la conoscono in parecchi. Si tratta di una società che è molto vicina al presidente Fontana. E questa società ha fornito dei camici per più di mezzo milione di euro". Uno dei principali problemi legati all'assegnazione della fornitura di questi camici è dato dal fatto che tale società non avrebbe partecipato ad alcuna gara di appalto indetta dalla Regione. Al contrario, sarebbe arrivata dopo una procedura negoziata, come rivelato dal dipendente della Regione. Tale società è indicata come la "Dama S.p.A, del cognato del presidente Fontana", ditta della famiglia Dini, originaria di Varese, e controllata da Andrea Dini, fratello di Roberta, moglie del governatore.

A questo punto, l'inchiesta di Report si concentra sulla posizione di Andrea Dini, a cui vengono rivolte domande tali per chiarire la posizione dell'azienda. Dini spiega che non si è trattato di un appalto, bensì di "una donazione". E, incalzato dal giornalista di Report, con una ricostruzione secondo la quale si sarebbe in realtà trattato di una "procedura negoziata", Dini ribadisce che la fornitura è una donazione e che può essere certificato dalla presenza di "tutti i documenti". Inoltre, la Dama S.p.A., spiega ancora Dini, ha donato camini anche "ad altre persone", così come mascherine, perché "sono un'azienda lombarda, devo fare il mio dovere". Eppure, consultando le carte delle quali Report è entrata in possesso, si evincerebbe che di donazione non si tratterebbe proprio. A questa affermazione, Dini chiude la conversazione citofonica. Sarebbero infatti stati venduti 75mila camici e 7.000 tra cappellini e calzari, per un valore di 513mila euro, a Regione Lombardia, come testimonierebbe la modalità di pagamento: bonifico bancario entro 60 giorni dalla fattura.

Il cognato del governatore Attilio Fontana cambia però rapidamente idea quando il giornalista di Report gli svela di avere tutta la documentazione che attesta la vendita, e non la donazione, dei camici. "Effettivamente, i miei quando io non ero in azienda durante il Covid, chi se n’è occupato ha male interpretato la cosa – dichiara Dini -, ma poi dopo io sono tornato, me ne sono accorto e ho immediatamente rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione". Il fratello della moglie del presidente della Lombardia aggiunge: "Le carte ad Aria ci sono tutte. Abbiamo fatto note di credito, abbiamo fatto tutto… è tutto una donazione… non avremo mai un euro da Aria. Mai preso un euro, e non avremo mai neanche uno". Incalzato, quindi, nuovamente sulla mancata gara d'appalto e la partecipazione alla fornitura dei dispositivi di protezione individuale, Dini arranca nella risposta, ribadendo la sua assenza in azienda e riversando la responsabilità sui suoi collaboratori che avrebbero agito a sua insaputa, tanto che "appena l'ho saputo – garantisce Dini -, ho detto no, no in Lombardia assolutamente no". Questo per evitare il conflitto di interessi ora contestato, in quanto Dini è il cognato di Fontana.

Report spiega infine che le note di credito di cui ha parlato Andrea Dini, che annullano il pagamento da parte della Regione, sono effettivamente arrivate tra il 22 e il 28 maggio, oltre un mese dopo l'assegnazione della fornitura dei camici senza gara. Un nuovo problema, ora, sarebbe rappresentato dal valore totale di tali note di credito, ammontante a 359mila euro, contro i 513mila pattuiti tra Dama e la Regione. Contattata da Report, Aria ha garantito che Dama non riceverà nemmeno i 153mila euro di differenza. Solo il 20 maggio scorso Andrea Dini avrebbe contattato Aria per rinunciare alla vendita dei camici e trasformarla in donazione. Circa tre settimane dopo l'emissione della fattura per la ricezione dell'oltre mezzo milione di euro pattuito con Regione Lombardia per la fornitura del materiale.

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