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Lecco, la storia di Davide che ha aiutato un migrante: “Accogliere a casa mia? Io l’ho fatto”

Davide Trestini, 40 anni, volontario dei City Angels di Lecco, ha deciso di accogliere in casa sua Musa, un ragazzo di 19 anni arrivato dal Gambia. Vagava per strada in grave stato confusionale: Davide lo ha curato, lo ha aiutato a recuperare i documenti e a rimettersi in contatto con la famiglia: “Ora per me è come un figlio. I miei amici erano preoccupati, mi davano del pazzo. Razzismo? Mai avvertito, avrei fatto lo stesso per un italiano”.
A cura di Simone Gorla
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Davide Trestini, 40 anni, con Musa, 19 anni
Davide Trestini, 40 anni, con Musa, 19 anni

“Quando l'ho visto il primo sentimento è stato di compassione e impotenza, non potevo lasciarlo da solo in mezzo alla strada. L'avrei fatto anche per un italiano, per chiunque”. Davide Trestini ha 40 anni, vive a Lecco, di professione fa l'insegnante e nel tempo libero è un volontario dei City Angels, un'associazione che si occupa di aiutare senzatetto e bisognosi. Qualche settimana fa Davide ha deciso di mettere in pratica quella che è diventata una delle frasi più comuni usate per polemizzare contro chi è a favore di un'accoglienza civile per i migranti sbarcati in Italia: ne ha accolto uno “a casa sua”. Si tratta di Musa, 19 anni, originario del Gambia. Arrivato nella città lombarda chissà come dopo un viaggio durato anni, in condizioni fisiche e psicologhe terribili. “A marzo siamo stati chiamati per la segnalazione di un ragazzo che vagava in stato confusionale per le vie di Lecco. Quando siamo arrivati sul posto lo abbiamo trovato completamente impaurito, denutrito, vestito troppo leggero. Non riusciva a parlare e all'inizio non capivamo se fosse sotto l'effetto di alcol o di droga”, ha raccontato il volontario intervistato da Fanpage.it.

Non potevo lasciarlo per strada, ho deciso di portarlo a casa mia

“Lo abbiamo portato in ospedale e abbiamo scoperto che aveva già fatto altri accessi in pronto soccorso nella settimana precedente. La gente lo vedeva vagare confuso e chiamava l'ambulanza, ma ogni volta veniva dimesso senza nemmeno una visita”, ricorda Trestini. Che con l'aiuto di altri volontari, del cappellano dell'ospedale e anche di un altro senzatetto ha iniziato a prendersi cura di Musa. “Era privo di qualsiasi documento, non sapevamo nulla di lui. Per i primi quindici giorni riusciva solo a dire il suo nome. Era remissivo, subiva molto le situazioni e non era in grado di gestirle e affrontarle. Non era autonomo, dovevamo lavarlo e obbligarlo a mangiare”. “Per un periodo è stato ospite del dormitorio della Caritas. Ma quando a fine marzo la struttura ha chiuso ho dovuto prendere una decisione. Non poteva tornare per la strada, avrebbe fatto una brutta fine, da solo non riusciva a cavarsela. Così mi sono preso la responsabilità di portarlo a casa mia”.

Amici e parenti mi chiamavano pazzo, ora si sono affezionati

“All'inizio è stato molto faticoso. Vivo in un bilocale e lo spazio era poco. Parenti e amici erano totalmente contrari a questa scelta: mi dicevano che ero pazzo, che avere in casa un estraneo, per di più poco lucido, poteva essere pericoloso. Ma non ho avvertito reazioni ideologiche o politiche, tantomeno razziste. Nessuno ha reagito male per il colore della sua pelle, forse perché ho amici intelligenti che non vedono il mondo in quel modo. E anche chi all'inizio era diffidente poi si è affezionato. Ora mi chiedono tutti di lui e lo porto in giro con me anche la sera”. Una volta superata la diffidenza è iniziato il percorso di guarigione del 19enne. Trestini riesce a ottenere per lui una visita psichiatrica in ospedale e “piano piano, grazie a una cura farmacologica, un'alimentazione adeguata e un ambiente protetto si è ripreso e ha iniziato a ricordare frammenti della sua vita”.

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La telefonata alla madre e il sogno di andare in Germania

Il momento più emozionante? “Un giorno gli è tornato in mente un numero, quello della madre. L'ha chiamata e lei è scoppiata in lacrime: non sentiva il figlio da mesi e temeva il peggio”. Nel frattempo viene fatta la denuncia di smarrimento dei documenti e la polizia riesce così a ritrovare il suo permesso di protezione umanitaria. “Una volta avuto quello, ho avviato le pratiche per avere il resto della documentazione. Proprio ieri ho ricevuto il nulla osta dal comune dove era residente prima, Castellamare del Golfo, in provincia di Trapani, per ottenere una carta d'identità qui a Lecco. Intanto sono in contatto con la sua famiglia: sua madre e suo fratello sono in Gambia, uno zio vive in Germania ed è lì che il ragazzo vorrebbe andare”.

Arrivato in Italia da minorenne dopo un viaggio da incubo

Musa ha dimenticato l'ultimo pezzo del suo viaggio, quello precedente all'arrivo di Davide nella sua vita. “Sappiamo che è arrivato in Sicilia tre anni fa da minorenne, a 17 anni. È stato in una comunità di Castellamare del Golfo fino a quando non ha ottenuto il permesso per motivi umanitari. Ma una volta uscito dal circuito dell'accoglienza si è trovato per strada ed è entrato in uno stato confusionale. Ricorda di essere passato per Milano, ma non sa come ha fatto ad arrivare a Lecco”. Ora Musa ha ricominciato da zero, come un bambino. Ha ricominciato a parlare, in inglese e anche un po' in italiano, ed è tornato a prendersi cura di sé. “Io lo sto aiutando, ma anche lui mi ha fatto crescere come persona. Mi sento come un papà con un figlio acquisito”.

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