La Lombardia come “Wuhan”: chiudere tutto per vincere la battaglia contro il coronavirus
Oggi per la prima volta dall'inizio dell'emergenza coronavirus in Cina è stato registrato il numero più basso di contagi: solo 19. È una vittoria importante nella grande battaglia iniziata 50 giorni fa quando il presidente cine Xi Jinping ha deciso di mettere in quarantena la città focolaio di questa epidemia, il luogo da dove tutto è partito: Wuhan. E per festeggiare questo traguardo per la prima volta dall'inizio dell'emergenza sanitaria nel Paese Xi Jinping si è recato di persona nella città che vive in isolamento da quasi due mesi: armato di mascherina e sempre mantenendo la distanza di sicurezza dai suoi interlocutori il presidente cinese è arrivato a Huoshenshan, il celebre ospedale con circa 1.000 posti letto costruito in soli 10 giorni dove sono ricoverati i pazienti di Covid-19 per salutare i cittadini e annunciare quella che a tutti gli effetti è una notizia che dà speranza.
Wuhan: 11 milioni di persone in isolamento da 50 giorni
La guerra però non è finita: da quel famoso 21 gennaio infatti sono state più di 80mila le persone contagiate e oltre 3mila le vittime. Un numero enorme con percentuali di decesso altissime che hanno spinto la Cina ad adottare quasi subito misure estreme per contenere la diffusione del coronavirus: dopo soli due giorni dall'inizio dell'epidemia una città di ben 11 milioni di abitanti è stata messa in isolamento. Negozi chiusi, trasporti fermi, si sta in casa. Uscite centellinate concesse solo per fare la spesa, uno alla volta, divieto di affacciarsi al cancello di casa e obbligo di invio di una foto del termometro con la propria temperatura corporea una volta al giorno. Nessun auto isolamento in caso di positività: obbligo di raggiungere il più vicino centro di raccolta organizzato in palazzetti sportivi, scuole o università. Misure rigidissime che avrebbero permesso secondo le autorità cinesi di fermare la diffusione di un virus mortale che avrebbe potuto provocare la morte di centinaia di migliaia di persone in tutta la Cina.
La zona rossa del Lodigiano ha portato a una diminuzione di contagi
Ed è proprio al modello Wuhan che la Lombardia si è "ispirata", se così si può dire, per l'attuazione della cosiddetta zona rossa nel Lodigiano, quello che comprende il comune di Codogno, città focolaio del virus, lì dove risiedeva il paziente 1, Mattia, il 38enne dal cui contagio, lo scorso 20 febbraio è iniziato tutto. Due settimane di isolamento per diversi comuni del Lodigiano in Lombardia nei quali si è registrato in pochissimi giorni un aumento esponenziale della diffusione del Covid-19. Serrande dei negozi abbassate, persone costrette in casa e checkpoint all'uscita dei comuni per controllare che nessuno uscisse o entrasse nelle zone rosse. Due settimane di isolamento che stando a quanto comunicato sia dall'assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera che dal presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro avrebbero dato i propri frutti: l'isolamento totale infatti ha prodotto un rallentamento del contagio nell'area, al contrario invece delle altre province lombarde, come quelle di Bergamo o Brescia, dove i contagi sono cresciuti in maniera preoccupante in pochissimi giorni.
Chiudere tutto e isolare la Lombardia: la proposta al governo
Uno sforzo dunque che avrebbe prodotti dei risultati utili, ma che sarebbe stato bloccato per dare modo ai cittadini di quelle zone di "prendere respiro". Ora però questo modello potrebbe essere ora esteso all'intera regione Lombardia: è questa infatti la proposta che la giunta lombarda lancia a gran voce. Solo tre giorni fa la Lombardia è stata posta in quarantena con una drastica riduzione dei servizi e misure restrittive per quanto riguarda gli spostamenti limitati alle sole necessità di lavoro o di salute: "io resto a casa", il motto di una vera e propria campagna di comunicazione che in pochi giorni è stata estesa all'intero Paese. E proprio quando l'Italia viene dichiara "zona protetta", la Lombardia rilancia con una ulteriore offerta: chiudere tutto e isolare l'intera regione. I contagi, dati alla mano, crescono quotidianamente e mentre nelle prime due settimane di diffusione del coronavirus la trasmissione era da 1 a 2 persone ora si è passati da 1 a 2,5, e presto si potrebbero raggiungere i tre contagi.
Gli ospedali lombardi vicini al collasso: i contagi crescono e i posti letto non bastano
Crescono i contagi e crescono i decessi, ma soprattutto cresce l'emergenza negli ospedali lombardi ormai giunti al collasso: numerosi gli appelli che sono stati fatti da medici, infermieri e primari impegnati in tutte le province lombarde a combattere il coronavirus e curare i pazienti. Le terapie intensive sono piene e i posti che vengono ricavati quotidianamente dalle strutture sanitarie non riescono a stare dietro alla richiesta: nonostante la decisione di coinvolgere strutture private, case per anziani e strutture specifiche i numeri sembra strabordare. La soluzione secondo il presidente Fontana è la chiusura totale delle attività commerciali e produttive e lo stop ai trasporti: "Rimarranno aperti solo supermercati e farmacie e si uscirà solo se necessario. Un sacrificio di almeno 15 giorni per vincere questa battaglia contro il coronavirus", ha spiegato in un'intervista esclusiva a Fanpage.it.
Rinunciare alla propria libertà per vincere la battaglia contro il coronavirus
La Lombardia con i suoi 10 milioni di abitanti pensa così a una piccola Wuhan che invece di abitanti ne ha 11 milioni e che ora inizia a rivedere la luce. Isolarsi per almeno due settimane per fermare il contagio e salvare la sanità lombarda oltre che gli stessi cittadini: sono in molti, non solo dentro ma anche fuori la Regione a invocare la chiusura di tutte le attività per fermare la diffusione del Covid-19 che ora inizia davvero a fare paura. I milanesi, i lombardi e forse anche gli italiani sono pronti a rivedere le priorità e a rinunciare alla propria libertà per vincere una battaglia enorme le cui proporzioni sembrano prendere forma solo ora e che per questo richiedono un intervento immediato.