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La lettera di accusa dei sanitari del Trivulzio: “Vietato chiamare il 112 per chi stava molto male”

Il personale sanitario del Pio Albergo Trivulzio, composto da medici, infermieri, sanitari e amministrativi, hanno firmato una lettera in cui viene denunciato il trattamento da loro e dai pazienti ricevuto e la incapacità di gestione dell’emergenza Coronavirus da parte della direzione delle casa di riposo. “Non ci facevano usare le mascherine, non ci hanno mai fatto i tamponi. Non hanno voluto portare al pronto soccorso chi stava molto male”, si legge nel documento.
A cura di Filippo M. Capra
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Pio Albergo Trivulzio
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Dopo le indiscrezioni, le voci, le inchieste e le denunce pubbliche del personale del Pio Albergo Trivulzio, i sanitari hanno firmato una lettera in cui denunciano tutto quanto sarebbe successo nella mancata gestione dell'emergenza Coronavirus all'interno della Rsa milanese. "Siamo stati lasciati completamente soli – si legge nel documento anticipato dal Corriere della sera -, senza direttive che prevedessero protocolli aziendali, senza direttiva sul trattamento dell'epidemia e senza norme di isolamento". I medici e gli infermieri che hanno redatto la lettera, parlano poi di impossibilità di fare i tamponi oltre alla totale mancanza di dispositivi di protezione individuale sino al 23 marzo, ovvero un mese dopo la scoperta del paziente 1 di Codogno.

Secondo chi ha scritto il documento, le mascherine erano state ritenute "non necessarie" e chi ne avesse portata una da casa sarebbe stato redarguito "dal personale direttivo". Le stesse mascherine, poi, sarebbero state tolte dietro obbligo "al fine di evitare di generare un "inutile e ingiustificato allarmismo" tra i pazienti e i loro parenti". Come poi si continua a leggere dalla lettera, un collega dei medici e infermieri scriventi, sarebbe stato "sospeso temporaneamente dal servizio", mentre altri colleghi sarebbero stati richiamati prima del previsto in seguito al periodo "di quarantena fiduciaria senza prima aver eseguito il primo e il secondo tampone". Medici e infermieri rientravano quindi a lavoro senza la certezza di essere negativi al virus, col rischio di aumentarne la diffusione all'interno della Rsa.

Ma ci sarebbe di più, perché secondo la denuncia, il personale sanitario avrebbe ricevuto direttive che non gli consentiva "l'invio di urgenza, tramite il 112, dei pazienti più gravi" nelle strutture di primo soccorso degli ospedali. Tali direttive sarebbero state giustificate dal fatto che "le cure prestate" presso il Trivulzio "fossero "migliori" oltreché "maggiormente dignitose"". Del reparto Covid-19, in cui i pazienti sarebbero potuti stare isolati, poi, non vi sarebbe stata mai traccia, tanto che "a tutt'oggi il personale viene spostato da un reparto all'altro" senza verificare la negatività del tampone ed avere quindi la sicurezza di non star portando in giro il virus in tutta la struttura. E, nonostante tutte le difficoltà elencate, i medici, gli infermieri, i sanitari e gli amministrativi – si legge – hanno continuato a lavorare "con professionalità", spesso facendo "turni a dir poco massacranti", mettendo "a repentaglio la propria salute". Il personale sanitario si è quindi detto pronto ad essere ascoltato dagli organi di competenza per spiegare la loro versione e aiutare a trovare giustizia. La lettera si chiude con le presa in distanza di un documento precedentemente firmato da altri medici in cui veniva assicurato che il personale fosse sempre stato protetto.

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