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L’ex presidente dello Ior si dimette dalla Veneranda fabbrica del Duomo

Angelo Caloia, indagato per peculato nell’inchiesta sulla compravendita di immobili del Vaticano tra il 2001 e il 2008, ha espresso la sua “totale estraneità ai fatti riportati dalla stampa”. Lascia anche gli incarichi alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e al Collegio Borromeo di Pavia.
A cura di Francesco Loiacono
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Dal Vaticano a Milano. L'inchiesta sulla compravendita di immobili del Vaticano tra il 2001 e il 2008, aperta dal Promotore di giustizia – equivalente del Procuratore generale – della Città del Vaticano, produce i primi effetti anche nel capoluogo lombardo. Angelo Caloia, ex presidente dello Ior indagato per peculato nell'inchiesta, si è infatti dimesso dalla carica di presidente del consiglio della Veneranda fabbrica del Duomo di Milano, ente che gestisce la cattedrale milanese. Dimissioni da lui definite "doverose" e giunte dopo aver sottolineato la sua "totale estraneità ai fatti riportati dalla stampa". Oltre che dalla Veneranda fabbrica, Caloia si è dimesso anche dagli altri incarichi "lombardi" alla Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale e al Collegio Borromeo di Pavia. Soltanto lo scorso novembre Caloia, in una delle ultime apparizioni come presidente del consiglio della Veneranda fabbrica della cattedrale milanese, aveva accompagnato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi in una visita all'interno del Duomo, lanciando un allarme per i pochi fondi a disposizione per i restauri.

La lettera di Caloia al cardinale Scola

Caloia si è detto "sconcertato, attonito e profondamente avvilito" per l'inchiesta a suo carico. L'ex presidente dello Ior ha avvisato delle dimissioni l'arcivescovo di Milano, monsignor Angelo Scola, con una lettera a lui indirizzata in cui ha spiegato che le dimissioni sono un passo doveroso in attesa di poter chiarire la sua posizione nelle opportune sedi giudiziarie. Il Promotore vaticano Gian Piero Milano accusa Caloia, l'ex direttore generale dello Ior Lelio Scaletti e l'avvocato Gabriele Liuzzo di aver trattenuto per sé almeno una parte dei soldi incassati con la vendita di 29 immobili tra il 2001 e il 2008. Sui conti correnti dei tre indagati sono stati sequestrati oltre 16 milioni di euro.

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