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Isis, il tunisino arrestato a Brescia si era scattato un selfie sulla spiaggia della strage

Lassaad Briki, uno dei due presunti jihadisti arrestati mercoledì dalla Digos a Brescia, si era scattato un selfie sulla spiaggia del resort di Sousse, teatro della strage dello scorso 26 giugno. Dalle intercettazioni emerge la sua ammirazione per il killer di Sousse, nonché la sua determinazione ad agire in Italia: “Ho sempre la testa lì… quello che conta è uccidere”. I due non hanno risposto al gip nell’interrogatorio di garanzia.
A cura di F.L.
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Emergono nuovi particolari dopo l'arresto di Lassaad Briki e Muhammad Waqas, presunti jihadisti fermati mercoledì all'alba dalla Digos a Brescia. Dalle 65 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare firmate dal giudice per le indagini preliminari Elisabetta Meyer, e svelate dal Corriere della sera, viene fuori l'odio covato a lungo dal tunisino Briki nei confronti degli occidentali, nonché la sua ammirazione per Seiffedine Rezgui, killer dei turisti sulla spiaggia del resort di Sousse, in Tunisia, teatro della strage dello scorso 26 giugno, e chiamato dall'arrestato il suo "campione". Proprio sulla spiaggia teatro del massacro Briki si era scattato un selfie prima di rientrare in Italia, dove secondo il pool antiterrorismo guidato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli Briki e il suo complice erano pronti ad agire: chiese, caserme, l'aeroporto militare di Ghedi i possibili obiettivi dei due. D'altronde Briki ripeteva al telefono: "Ho sempre la testa lì… quello che conta è uccidere".

Isis, il tunisino arrestato a Brescia e il selfie sulla spiaggia della strage

In un primo momento Briki e Waqas volevano lasciare l'Italia per andare ad arruolarsi nelle file dell'Isis in Libia o in Siria. Lì avrebbero iniziato a usare le armi, le stesse che riempivano le loro discussioni qui nel nostro Paese. Discussione nelle quali il ruolo di leader sembrava essere ricoperto da Briki, con Waqas in posizione marginale, un ruolo che dava quasi fastidio al tunisino quando Waqas poneva dei dubbi.

Al momento, oltre all'ammirazione, tra Briki e il killer di Sousse non sembrano esserci collegamenti. Novità potrebbero emergere quando e se gli inquirenti del pool antiterrorismo invieranno i loro fascicoli ai colleghi tunisini, per capire se il nome di Briki possa far scattare qualche campanello di allarme. Dalle intercettazioni emerge anche una buona dose di ingenuità del tunisino arrestato, come dimostrano alcune trovate che voleva mettere in atto per danneggiare il nostro Paese: ad esempio, comprare casa accendendo un mutuo e poi fuggire. Dai brogli telefonici emergono poi molto contatti dei due con altri immigrati musulmani in Italia: un loro obiettivo era quello di fare proseliti, per cui in futuro gli inquirenti non escludono ulteriori sviluppi delle indagini.

I due arrestati non rispondono al gip

Intanto giovedì mattina, nel carcere milanese di San Vittore, dove si è tenuto l'interrogatorio di garanzia, Briki e Waqas si sono avvalsi della facoltà di non rispendere davanti al gip Meyer, chiedendo al loro avvocato d'ufficio di mantenere il silenzio. I due arrestati, secondo il pool antiterrorismo che ha coordinato le indagini, sarebbero due "cani sciolti". Non erano mai passati all'azione. La loro formazione militare stava avvenendo su un manuale reperito su internet: "La guida del mujahidin nei Paesi occidentali".

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