Intrigo internazionale sul lago di Como: arrestato il magnate russo che non piace a Putin
Ha i contorni dell’intrigo internazionale l’arresto di Andrey Smyshlyaev, il magnate russo di 47 anni che ieri pomeriggio è stato catturato dalla polizia nella sua villa di Dongo, la stessa località sul lago di Como dove venne preso Benito Mussolini. Smyshlyaev non è un uomo qualunque, suo padre è un grande tycoon russo, che con lo scioglimento dell’Unione Sovietica è diventato il signore di un impero nel settore della costruzione di infrastrutture. Per molti è il padrone incontrastato di Ufa, la capitale di una regione della sterminata Russia. Eppure, lo scorso 28 gennaio, è stato emesso proprio dal tribunale di quella città il mandato di cattura internazionale con l’accusa di truffa e bancarotta fraudolenta, un reato punito dall’articolo 196 del codice penale russo con una condanna a 10 anni di reclusione.
La sensazione, emersa anche da fonti internazionali, è che si tratti di un pretesto del governo Putin per risolvere contrasti di altra natura con la famiglia Smyshlyaev. Pare, infatti, che il 47enne abbia posizioni non aderenti a quelle del leader russo, atteggiamento che gli avrebbe portato una sorta di "persecuzione" da parte dell’establishment: "Non voglio lanciarmi in congetture azzardate, preferisco restare nel campo delle evidenze giuridiche ma credo risulti chiaro a tutti che l’arresto ha un forte valore politico – racconta a Fanpage l’avvocato Alexandro Maria Tirelli – Al mio assistito vengono fatte contestazioni che risalgono al 2015, non facciamo dietrologie ma il tempismo è un po’ sospetto. Sembra quasi che in Russia abbiano atteso la miglior congiuntura politica per attivare la macchina procedurale".
Milioni di rubli, meno di 40mila euro
Ieri pomeriggio gli agenti del commissariato di zona si sono presentati con il provvedimento di Interpol e hanno accompagnato Smyshlyaev al carcere di Como. Nello scarno documento si legge che la vicenda per cui lo hanno arrestato risale al 2015, esattamente all’11 dicembre. "In Ufa, in qualità di direttore della ‘OOO Trek', ha firmato dei contratti per un valore di 34.691.184 rubli (oltre 400mila euro, ndr), ricevendo la merce e non pagando le obbligazioni assunte per la somma di 2.849.325 rubli (poco meno di 40mila euro al cambio attuale, ndr). In data 2 marzo 2016 la società è stata dichiarata dalla Corte in bancarotta". Tra gli elementi “sospetti” c’è proprio la cifra della presunta distrazione. «Una cifra davvero esigua rispetto al patrimonio di Smyshlyaev – continua l’avvocato Tirelli – Basta vedere il valore milionario della villa in cui vive da circa due anni sul lago di Como con la moglie italiana. Vi faccio un esempio: una volta sua figlia ha preso il jet privato da Londra per venire al mio studio per discutere di persona di una vicenda. Quindi di cosa stiamo parlando?».
Il test per l'Italia
C’è anche un’altra ipotesi, che l’arresto di Smyshlyaev serva per testare i rapporti con l’Italia e la sua posizione sullo scacchiere internazionale. In questo scenario la cattura va vista come una mossa in avanti per spingere l’avversario a scoprirsi: "Dobbiamo capire esattamente tutti gli aspetti giuridici, gli atti di Interpol non sono stati ancora consegnati al procuratore – spiega ancora Tirelli – Studieremo la pratica con attenzione, di certo la nostra linea è la stessa della corte d'Appello di Genova, che nel 2017 ha dichiarato che la corte russa “non assicura il rispetto dei diritti fondamentali”.
La Russia non garantisce un processo giusto
L’avvocato si riferisce al caso di M. N., ingegnere minerario russo accusato di aver organizzato assieme ad altri imprenditori l’omicidio dell’immobiliarista Alexander Mineev, un magnate con un impero da un miliardo di euro. Lo avrebbero ucciso a colpi di kalashnikov nel gennaio 2014 mentre era bordo del suo suv. Il movente? Entrare in possesso delle sue 18 società valutate 130 milioni di euro. Uno dei complici sarebbe il suo socio in affari Georgy Shuppe, genero del defunto oligarca Boris Berezovsky, da sempre nemico dichiarato di Putin. Al punto che nel 2001 emigrarono entrambi a Londra, dove il giudice distrettuale di Westminster, Kenneth Grant, ha respinto la richiesta di estradizione nei confronti di Shuppe perché c’era il rischio di violare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che garantisce a tutti un processo giusto. Cosa che in Russia, secondo lui, non potrebbe avvenire a causa delle «pressioni e interessi politici».
Per lo stesso motivo la corte d’Appello di Genova ha respinto la richiesta di estradizione per M.N.. Adesso tocca a Smyshlyaev affrontare l’iter. «L’estradizione è un istituto che ha caratteri politici oltre che giuridici – commenta il suo difensore – Nei prossimi giorni il procuratore gli chiederà se vorrà consegnarsi, in caso contrario la corte d’Appello deciderà se accogliere la richiesta della Russia». Infine bisognerà attendere la firma del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. L’ultima parola, o per meglio dire l’ultima mossa di questa partita, spetta a lui.