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Incivili a Milano: la città non è pronta per il bike sharing gratuito a flusso libero?

A un mese dal lancio, il servizio di bike sharing “free floating” gratuito a Milano si sta rivelando un insuccesso. Non in termini numerici, ma di rispetto delle regole: le tante segnalazioni di parcheggi improbabili e di utilizzi impropri hanno spinto il gestore (la società Ofo) a modificare i termini contrattuali.
A cura di Francesco Loiacono
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Da circa un mese a Milano è in corso una sorta di esperimento sociale il cui esito, al momento, non è proprio confortante. Due aziende cinesi, Mobike e Ofo, hanno lanciato un servizio di bike sharing a flusso libero (free floating in inglese). Significa che chiunque, dopo aver scaricato la relativa app ed essersi registrato, può utilizzare le biciclette sparse per la città (grigio-rosse per Mobike, gialle per le Ofo) e parcheggiarle dove vuole, purché si tratti di un posto regolare. Il servizio, già attivo in altri città europee e del mondo, ha grandi potenzialità: essendo svincolato dalla presenza di stalli appositi (come avviene per le biciclette di BikeMi, il servizio di bike sharing del Comune) consente una maggiore libertà di utilizzo e si prefigge di essere in un certo senso più democratico, nel senso che può essere utilizzato anche da quei cittadini che vivono in zone periferiche, dove il BikeMi non è presente.

Bici parcheggiate ovunque: sugli alberi, sulle cabine, nel Naviglio

In effetti le due aziende stanno avendo un riscontro positivo in termini di abbonati al servizio. Ma c'è, come sempre, l'altro lato della medaglia: ecco perché. La società Ofo ha deciso di lanciare il proprio servizio in via promozionale senza addebitare alcun costo agli utilizzatori: gratis. Fino allo scorso venerdì, per utilizzare le biciclette gialle bastava lasciare un numero di telefono e un indirizzo mail. Si trattava di una grande opportunità, di cui però alcuni utenti hanno abusato: e allora ecco un proliferare di parcheggi improbabili (sugli alberi, sulle cabine telefoniche superstiti, nelle fontane, nelle acque del Naviglio, come mostra la gallery in cima all'articolo) e di utilizzi impropri, con gente che ha iniziato a usare le bici gialle come se si trattasse di un bene di loro proprietà, chiudendole con catenacci o parcheggiandole all'interno di cortili privati inaccessibili per chi, come la maggior parte degli utenti, vorrebbe utilizzarle secondo le regole.

La maggior parte degli utenti utilizza il servizio correttamente: ma l'esperimento è fallito

Come sempre, anche in questo caso non si deve generalizzare, anzi: i gestori delle due società assicurano che la maggior parte degli utenti si comporta secondo le regole. Eppure, i veri e propri atti vandalici che hanno coinvolto le bici a flusso libero hanno spinto la società Ofo a modificare i propri termini contrattuali, chiedendo a tutti gli utenti di inserire i dati di una carta di credito: "La richiesta di inserimento di almeno un metodo di pagamento si è resa necessaria a seguito di alcuni recenti casi di utilizzo improprio delle nostre/vostre biciclette, pervenuti grazie anche alle vostre numerose e preziose segnalazioni", hanno spiegato la scorsa settimana dall'azienda. Una sorta di dichiarazione di resa: davanti all'inciviltà (di pochi), tutti sono stati in qualche modo penalizzati. L'utilizzo delle bici gialle di Ofo resterà gratuito fino al 31 ottobre, quando poi il servizio partirà in via ufficiale. Per adesso, l'esperimento sociale ha mostrato come la città (per colpa di pochi, certo, ma sempre cittadini sono) non sia pronta alla forma forse più evoluta del bike sharing: la condivisione gratuita di un "bene pubblico".

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