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Il papà di Marco Scaravelli, morto a 6 anni sulla minimoto: “È stata una disgrazia”

Si sono celebrati oggi i funerali di Marco Scaravelli, il bimbo di 6 anni di Dosolo (Mantova) morto dopo sette giorni di coma in seguito a un incidente su una minimoto. Il papà Cristian ha raccontato i drammatici istanti della tragedia, ma respinge le critiche che gli sono piovute sui social network: “Non era un baby pilota, è stata una disgrazia”.
A cura di Francesco Loiacono
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Il piccolo Marco Scaravelli, morto a 6 anni in un incidente su una minimoto (Facebook)
Il piccolo Marco Scaravelli, morto a 6 anni in un incidente su una minimoto (Facebook)

Alle 9.30 di questa mattina si sono celebrati i funerali di Marco Scaravelli, il bimbo di 6 anni di Dosolo (Mantova), morto dopo sette giorni di coma in seguito a un incidente su una minimoto in una pista di Viadana avvenuto domenica 10 luglio. Il padre Cristian, al Corriere della sera, ha raccontato come è avvenuta la tragedia che lo ha privato del suo unico figlio.

Al di là di quanto si può pensare, e delle accuse che qualcuno gli ha mosso sui social network, dove papà Cristian continua a postare foto e ricordi legati al figlio Marco, il genitore del bambino non era un "fanatico" di motori, né uno dei tanti adulti che magari sognano di realizzare se stessi facendo del proprio figlio un campione: "Marco giocava a calcio, a tennis, a basket, amava il nuoto. Non era un baby pilota, come dicono. La verità è che io gli ho regalato un corso di cinque lezioni per il suo sesto compleanno e al termine della seconda, quando la moto era già spenta, è successa la disgrazia", racconta Cristian all'inviato del Corriere che lo ha incontrato all'esterno della palestra di Dosolo dove, prima dei funerali, era stata allestita la camera ardente.

Sulla dinamica dell'incidente che ha fatto piombare Cristian e la moglie Loreta nel dolore più cupo, l'uomo racconta: "Ho tirato la cordina per riaccendere la moto. Quel giorno faceva un caldo bestiale e volevo evitare di spingerla fino al gazebo che era a una quarantina di metri. Marco è saltato su e ha iniziato ad accelerare. La moto è partita, lui si è sbilanciato all’indietro, spaventato. E così è andato al massimo. Ha sfiorato un bambino, poi una transenna e poi dritto sulla piantana in ferro del cancello, dove ha battuto la testa".

Gli organi di Marco sono stati donati

Da lì, giorni di angoscia: Marco è stato trasportato in elicottero all'ospedale Giovanni XXIII di Bergamo, dove le condizioni del bambino a un certo punto erano sembrate anche migliorare. Poi però l'improvviso peggioramento: un'operazione chirurgica, la possibilità di danni permanenti paventata dai medici: "Me lo potevano dare anche senza gambe che avrei fatto i salti di gioia", dice il papà. Marco, purtroppo, non ce l'ha fatta. È morto dopo sette giorni di agonia, anche se i suoi organi  – i suoi 2 reni, il fegato, i polmoni e il cuore – continueranno a vivere in altri bambini.

Adesso il papà Cristian dovrà convivere probabilmente col senso di colpa per aver tirato la cordicella dell'avviamento, anche se di fronte alle accuse dei "commentatori da tastiera" è risoluto: "Io dico che lo scivolo dell’acquapark e la bicicletta possono essere molto più pericolosi di una minimoto. C’erano due istruttori per due bambini, tutti equipaggiati, velocità minima, pista sicurissima. Queste lezioni le consiglio". Forse ripensa a suo figlio Marco, che dopo la prima lezione posava sorridente in foto: a lui piacevano moltissimo.

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