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“Mare culturale”, nuovo polo alla periferia di Milano: “Un’occasione per chi non l’ha mai avuta”

Poteva scegliere di investire i suoi soldi e quelli dei suoi collaboratori in una zona a zero rischio e lontana dai problemi delle periferie. Invece Andrea Capaldi, fondatore e direttore artistico di Mare Culturale Urbano, voleva stare a contatto con quelle realtà per poterle migliorare, nel suo piccolo, dando un’occasione ai ragazzi che altrimenti sarebbero persi per strada. Ne ha parlato a Fanpage.it.
A cura di Filippo M. Capra
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Il cortile interno di "Mare Culturale Urbano"
Il cortile interno di "Mare Culturale Urbano"

Andrea Capaldi non è di Milano, ma per Milano ha fatto e sta facendo tanto. O meglio, più che per Milano, per i suoi ragazzi, quelli lasciati ai margini, che non hanno occasioni o forse non le vogliono sfruttare. Perché, a volte, serve qualcuno che ti spinga ad accettarle, o ti prenda per le orecchie e ti ci costringa, per il tuo bene presente e futuro. È (anche) questo il motivo per cui Andrea ha avviato il progetto "Mare culturale urbano" rigenerando una cascina in via Gabetti 15 a Milano, dove l'arte la fa da padrona, nonostante sia ben accompagnata da un ristorante, un pub, una sala prove, un co-working… Ne ha parlato con Fanpage.it.

Andrea, ma quante cose avete qui?

Abbastanza! (Sorride, ndr). Cerchiamo di offrire quanto più possibile a chi frequenta Mare per creare una sinergia comune ed essere uno l'ispirazione dell'altro. Offriamo un servizio di ristorazione, spazi per feste private, il cortile per guardare il cielo stellato: ci mettiamo al servizio di chi arriva per creare un luogo che non solo sia per tutti, ma soprattutto di tutti.

Come e perché è nato Mare culturale urbano?

L'obiettivo principale era quello di ridare ai centri di produzione culturale quella che a nostro avviso dovrebbe essere la missione archetipica di questi luoghi, ovvero di incontro, confronto e crescita di una collettività. Volevamo smarcarci dall'abitudine di fruire solo momentaneamente di una produzione culturale attraverso un oggetto artistico, ribaltando questa idea e renderlo una "piazza" dove le persone possono stare bene e averlo come punto di riferimento. Qui non ci sono barriere d'entrata, si può venire per lavorare o studiare o farsi una chiacchiera con colleghi e amici accompagnati da una birra o un caffè. Volevamo offrire un luogo che potesse stimolare costantemente le persone che lo frequentano dove l'arte possa essere veramente inclusiva e non dedicata esclusivamente a un circuito elitario.

In che anno è partito il progetto?

Abbiamo iniziato a ragionarci nel 2012 condiviso da me e delle persone care con cui collaboro tutt'ora. In un primo momento eravamo io e Benedetto Sicca a cui si è aggiunto Paolo Aniello. Nel 2014 abbiamo fondato la società e due anni più tardi, individuato il luogo, ovvero questa cascina dove ci troviamo abbiamo aperto al pubblico arricchendo la nostra organizzazione con professionisti del settore: dalla comunicazione al management alla ristorazione. Non è un caso che siamo in una zona periferica di Milano.

Andrea Capaldi, fondatore e direttore artistico di "Mare Culturale Urbano"
Andrea Capaldi, fondatore e direttore artistico di "Mare Culturale Urbano"

Perché proprio qui, alle porte di Fleming, considerata da molti una delle peggiori zone di Milano?

L'idea era quella di stringere un patto di fiducia col territorio in cui ci saremmo stabiliti. All'inizio anche le organizzazioni con cui abbiamo poi avviato un rapporto di collaborazione erano un po' suscettibili, perché temevano che saremmo stati l'ennesimo progetto da "mordi e fuggi" senza dare continuità. In realtà noi volevamo proprio questo. E lo volevamo in una zona come questa per dare un contributo vero, offrendo posti di lavoro e un percorso di crescita comune per dare un'occasione ai ragazzi che altrimenti sarebbero in strada. Qui da noi cerchiamo di riservare il 30% delle posizioni lavorative ai ragazzi del territorio a cui riusciamo ad offrire anche contratti a tempo indeterminato.

Che cambiamento hanno avuto i ragazzi? Ce l'avete fatta con tutti?

Con alcuni purtroppo no, nonostante ci abbiamo messo molto tempo per guadagnare la loro fiducia e loro la nostra ma a volte basta un niente per sgretolare tutto. Altri invece non capivano che questo è un luogo comune, dove si deve stare bene insieme e non prevalere l'uno sull'altro. Però ce ne sono diversi che sono entrati qui in un modo e sono cambiati: un ragazzo era una vera testa calda e ora ha un figlio, una compagna e lavora ancora qua con noi. Ma potrei dire lo stesso per molti altri che sono ancora qui con noi, o hanno trovato un altro lavoro dopo aver collaborato qui.

Quindi solo i ragazzi delle zone limitrofe frequentano Mare culturale urbano?

No, per nulla, anzi. Essendo aperti dalla mattina alla sera, ci vengono a trovare persone di ogni tipo: dalle famiglie coi bambini ai signori un po' più anziani sino a ragazzi in giacca e cravatta o più casual che lo utilizzano come punto di ritrovo. Abbiamo un'offerta che possa soddisfare le tasche di tutti, e i nostri eventi artistici sono adatti ad ogni età. Dal Festival delle Birrette agli eventi musicali jazz o rap: abbiamo collaborato anche col "Ghe pensi mi" di Nolo.

Oltre ad offrire posti di lavoro, cosa c'è per chi vuole mettersi in gioco?

Sin da subito abbiamo istituito un appuntamento settimanale che si chiama "Voci di periferia". È un laboratorio dove, attraverso la guida del rapper Diamante, i ragazzi possono imparare gratuitamente a scrivere testi rap che potranno proporre live nella serata mensile che viene organizzata sempre qui. È un progetto importante, alcuni diventano molto bravi. Ed è interessante perché non tutti cantano pezzi già scritti, altri improvvisano, si mettono in gioco, ricreano un po' quell'idea di collettivo che prima andava molto in voga tra i giovani da cui sono usciti anche quasi tutti i rapper contemporanei.

Avete cercato di "tirarli in mezzo" per un ritorno alle origini e un affiancamento alle nuove leve?

Abbiamo in mente un progetto: vorremmo organizzare in ogni quartiere periferico di Milano un appuntamento simile a quello che proponiamo qui in cascina a Mare. Ogni mese, in ogni quartiere, facilitare il ritrovo ai giovani rapper – e non solo – per ricreare quell'atmosfera di condivisione di una passione che sperano possa diventare il loro mestiere. Non è poi tanto importante arrivarci, ma provarci insieme. Un tempo c'erano realtà a Milano, improvvisate dagli stessi ragazzi, per potersi ritrovare e improvvisare le rime per interi pomeriggi. Oggi queste situazioni non ci sono più, e quindi noi le vogliamo ricreare. E poi, chiuso il ciclo di serate nei quartieri, vorremmo parlare col Comune per organizzare la serata finale in piazza Castello a Milano. Vogliamo portare questi ragazzi al centro di tutto: allora sì che chiameremo i loro "fratelli maggiori" per partecipare alla grande festa.

Sarà possibile trovare il Mare di Milano altrove o servirà venire sempre in via Gabetti?

Abbiamo dei progetti in mente, anche in scala più piccola rispetto alla cascina. Vorremmo avessero la ristorazione come colonna vertebrale della sostenibilità per poi fare rigenerazione urbana a modo nostro, sempre per chi ha bisogno.

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