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Il dopo Expo non interessa a nessuno: deserta l’asta per i terreni

Nessun offerta per aggiudicarsi il milione di metri cubi di terreni che ospiteranno i padiglioni dei Paesi partecipanti all’Esposizione universale del prossimo maggio. Il Cda di Arexpo, società incaricata di vendere l’area, ha convocato subito l’Assemblea dei soci per passare la questione a Regione Lombardia e Comune di Milano, principali azionisti e proprietari delle aree.
A cura di Francesco Loiacono
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I terreni sui quali da maggio a ottobre prossimi si svolgerà l'Expo Milano 2015 non interessano a nessuno. Quello che per i detrattori dell'Expo era quasi una certezza, e per Regione Lombardia e Comune di Milano, principali proprietari dei terreni, un brutto incubo, è diventato realtà lo scorso 15 novembre alle ore 12. Per il bando indetto per l'alienazione "finalizzata alla riqualificazione urbanistica dell’area su cui si svolgerà l'Esposizione Universale 2015″, infatti, non è pervenuta nessuna offerta. E adesso sembra più che mai incerto il destino di un milione di metri cubi di terreni, prezzo a base d'asta di poco più di 315 milioni di euro, messi in "vendita" dalla società Arexpo, costituita nel giugno 2011 con l'obiettivo di acquisire – prima – e poi rivendere – dopo l'Esposizione – le aree che ospiteranno i padiglioni dei Paesi partecipanti.

Il dopo Expo non interessa a nessuno: deserta l'asta per i terreni

Nella sede di Arexpo è suonato più di un campanello d'allarme: Luciano Pilotti, presidente della società partecipata al 34, 6 per cento da Regione e Comune e al 27,6 per cento da Fondazione fiera Milano, ha confermato che nessuno ha manifestato interesse per le aree, mentre il consiglio d'amministrazione di Arexpo ha chiesto al più presto la convocazione dell'Assemblea dei soci. Ma dalla società la patata bollente dovrebbe passare tutta nelle mani di Regione e Comune, chiamati a individuare un piano B che, considerando alcune premesse, forse andava pensato prima: nessuno dei soggetti ai quali l'area era stata "offerta", infatti – c'era anche il Milan, con l'ipotesi di costruirvi il nuovo stadio – aveva manifestato interesse. E così l'esito di sabato 15 novembre era scontato per molti. Anche per il ministro per le Politiche Agricole con delega per Expo, Maurizio Martina, che a margine di un convegno ha in qualche modo "sfilato" l'esecutivo dalla questione post-Expo: "Il governo non è in area Expo, quindi tocca ai soggetti che sono proprietari dell’area ragionare come procedere a questo punto. La mia opinione, e spero che il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni non si arrabbi e la prenda come un contributo, è che sarebbe ragionevole se l’area mantenesse una vocazione legata ai contenuti di questi sei mesi, e penso in particolare ad innovazione e ricerca".

Al momento, in piedi, restano due ipotesi: una è quella dello "spezzatino", ipotizzato dalla Regione: ossia la possibilità di spacchettare l'area, derogando però così in qualche modo al progetto unitario previsto per i terreni, che dovrebbero ospitare un grande parco e meno della metà di metri cubi di cemento suddivisi in edifici, uffici e negozi. La seconda è quella di mantenere la "visione unitaria", linea che sembra prevalere all'interno del Comune: in questo senso però il governo dovrebbe essere coinvolto per dar vita a un progetto nazionale. E soprattutto dare una garanzia alla cordata di banche, con in prima fila Intesa, interessate a rientrare dal loro prestito di 160 milioni di euro.

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