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Il boss della cocaina di Milano si ispirava a Scarface: aveva un trono come Tony Montana

La polizia ha sgominato una banda di spacciatori che deteneva il monopolio del traffico di cocaina nell’area a nord di Milano. Il capo della banda si ispirava a Tony Montana, personaggio interpretato da Al Pacino nel film “Scarface”: nel suo studio sono stati trovati un trono e un dipinto ispirati alla pellicola di Brian De Palma.
A cura di Francesco Loiacono
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Il suo studio era una sorta di riproduzione, molto più in piccolo, della lussuosa villa di Tony Montana, il protagonista del celebre film "Scarface" di Brian De Palma, interpretato da Al Pacino. A differenza del suo idolo, Simone P. non è stato fortunatamente ucciso dai rivali, ma arrestato dagli agenti del commissariato Comasina di Milano. Perché Simone P., pregiudicato legato a famiglie malavitose calabresi, era diventato il re dello spaccio del quartiere a nord del capoluogo lombardo. Assieme a lui sono stati arrestati altri tre uomini e una donna, tutti giovani e con numerosi precedenti. Per tutti l'accusa è di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti: cocaina, nello specifico, trovata all'interno dell'appartamento in via Dora Baltea, vicino al quadrilatero dello spaccio di Bruzzano, che la banda usava come base operativa.

In casa un trono e un quadro ispirati a Tony Montana

Proprio la perquisizione all'interno dell'abitazione ha consentito ai poliziotti di scoprire l'ammirazione del capo della banda per il personaggio reso celebre da Al Pacino (anche se il film originale, di Howard Hawks, è del 1932). Alla parete era stato appeso un quadro raffigurante Tony Montana, mentre la sedia dietro la scrivania nello studio era in realtà una sorta di trono, su modello di quello di Scarface. In casa si trovava anche un pitbull di nome Pablo: in questo caso un omaggio a un altro narcotrafficante, in questo caso reale, cioè Pablo Escobar. Al di là dell'arredamento, i poliziotti hanno trovato nell'abitazione 168,4 grammi di cocaina, oltre tremila euro in contanti, materiale da taglio e da confezionamento, otto telefoni cellulari e un bilancino di precisione: materiale sufficiente per far scattare le manette. Il capo della banda e i suoi sodali sono finiti in carcere: per Simone P. si tratta di un ritorno, dal momento che era stato scarcerato l'anno scorso dopo aver scontato una pena per un reato commesso con il cognato di Pepé Flachi, uno dei capi di un'alleanza di cosche calabresi attiva nel Milanese tra gli anni Ottanta e Novanta.

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