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Il bosco della droga di Rogoredo è quasi deserto, ma il problema è già migrato altrove

I continui blitz e le bonifiche hanno ridimensionato il boschetto di Rogoredo, la piazza di spaccio più grande della Lombardia che nei momenti di boom fruttava oltre 50mila euro al giorno. Sparite le lunghe file per comprare la dose, i clienti si stanno spostando verso altre zone nell’hinterland e in provincia. Secondo gli investigatori è un processo di frammentazione con risvolti ancora imprevedibili.
A cura di Salvatore Garzillo
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Immagine di repertorio
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"C’era una volta il bosco della droga di Rogoredo, una delle piazze di spaccio più grandi d’Europa e la più proficua della Lombardia…". Forse un giorno racconteremo così l’epopea del boschetto di Rogoredo, di “drogoredo”, come è stato ribattezzato con ironia con un hashtag apparso su Instagram. Forse un giorno non troppo lontano ne parleremo come un caso studio, le lunghe file con centinaia di tossici in attesa per comprare la dose saranno solo immagini di repertorio del passato. Forse.

Il boschetto di Rogoredo è quasi deserto

Al momento il boschetto è quasi deserto, per la prima volta negli ultimi anni. Sotto il ponte di via Sant'Arialdo non c'è più il viavai frenetico di clienti, le scale del cavalcavia Pontinia sono vuote, via Orwell è un terreno pulito. Merito di decine di blitz, arresti, operazioni antidroga, di campagne antidegrado, di interventi di ripristino dell’area e di bonifica di un terreno che era diventato un tappeto di siringhe. Quindi il bene ha vinto? I pusher hanno cambiato vita e i tossici si sono ripuliti? Non è così semplice.

La nuova mappa della droga

La pressione delle forze dell’ordine e l’attenzione morbosa dei media sul boschetto hanno costretto i gestori della piazza a trasferirsi da un’altra parte, ma poiché non esiste un altro posto con le stesse caratteristiche logistiche di Rogoredo, il mercato si è frammentato. Non c’è più la grande piazza di spaccio ma un pulviscolo sparso in diversi punti della provincia. Non più un’isola ma un arcipelago. Una diaspora tossica che costringe a ridisegnare la mappa delle stazioni della droga. C’è una nuova concentrazione a Saronno, qualcuno è migrato verso San Donato Milanese, altri su Legnano, si sta affermando sempre di più l’immenso parco delle Groane (in particolare sul versante di Solaro). E poi c’è il delivery, la consegna a domicilio della dose, che rende ancora più difficile l’individuazione dello spacciatore. Il fenomeno non è stato debellato, è stato spostato.

Oltre 50mila euro al giorno

Nei periodi di boom (durati anni) la piazza di Rogoredo fruttava almeno 50mila euro al giorno. Se consideriamo che era attiva 365 giorni, festivi compresi, arriviamo a una piccola manovra finanziaria. Gli investigatori calcolano al ribasso, l’unico punto di riferimento è la quantità di sostanza venduta al giorno: un chilo di eroina. Non bisogna cadere nell’errore di fare confronti con altri prodotti "normali", è una quantità tutt’altro che irrisoria. Basti pensare che il consumatore medio compra un "punto", una dose che a volte non arriva a mezzo grammo e che costa 2-5 euro a seconda della qualità. Poi va aggiunta la cocaina, spesso comprata in tandem da chi vuole lo "speed", il mix tra le due sostanze che alterna le fasi di accelerazione della coca a quelle di buio dell’eroina.

I veri signori dello spaccio

Le indagini di carabinieri e polizia hanno dimostrato che lo spaccio è sempre stato gestito dai marocchini, ma che i fornitori reali erano gli albanesi. Nessun gruppo è disposto a perdere questa montagna di soldi, ma il mercato lombardo è diverso da quello del Sud, nessuno è realmente egemone sul territorio in regime di monopolio. La legge di domanda e offerta regola tutto. Ciò significa che non è detto che lo stesso gruppo criminale che reggeva le fila del boschetto riesca a trovare una soluzione altrettanto valida. Anche in questo caso l’ipotesi investigativa è che andremo verso una ulteriore frammentazione con l’ingresso in scena di altri venditori a caccia dei tossici vaganti. Gli orfani di Rogoredo.

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