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Covid 19

I danni psicologici del Coronavirus: “Solo durante le guerre mondiali stravolgimenti così forti”

“Dobbiamo tornare ai tempi delle guerre mondiali per pensare a degli stravolgimenti delle società così forti”: lo ha detto a Fanpage.it il dottor Gianluca Castelnuovo, dell’Istituto Auxologico di Milano, a proposito delle conseguenze a livello psicologico della pandemia di coronavirus. “Non sarà così facile ritornare al contatto anche se ci sarà dato il permesso, c’è una sorta di fobia sociale generalizzata”.
A cura di Redazione Milano
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L'emergenza sanitaria dovuta al coronavirus inizia a stabilizzarsi. Con l'entrata nella cosiddetta Fase 2, però, emergono sempre di più gli aspetti deleteri della pandemia a livello sociale, economico e anche psicologico. Sono già oggetto di molti studi i danni che questi mesi di isolamento hanno provocato sulla psiche delle persone: "Dobbiamo tornare ai tempi delle guerre mondiali per pensare a degli stravolgimenti delle società così forti", afferma Gianluca Castelnuovo, ricercatore dell'Irccs (istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) Istituto Auxologico Italiano di Milano al quale Fanpage.it ha chiesto quali possano essere le conseguenze psicologiche di oltre due mesi di lotta al virus sulle persone.

Dall'entusiasmo dei primi giorni si è passati allo scoramento

"Stiamo studiando l'impatto psicologico di questo periodo veramente strano – spiega Castelnuovo -. Le persone inizialmente hanno reagito come se dovessero temporeggiare qualche settimana o qualche mese in attesa della normalità. Dai flash mob, le canzoni sul balcone, la fase di grande riconoscimento dei medici, sicuramente questa iniziale reazione ‘patriottica' è stata positiva. Ma i tempi lunghi sono logoranti: questa situazione è stata molto disorientante a livello psicologico. Non devi fare, devi stare a casa e per un tempo prolungato. Quindi questo grande entusiasmo iniziale del ‘ce la faremo e in tempi rapidi' ha lasciato il posto allo scoramento. Adesso le persone sono a casa – aggiunge il ricercatore – molte non lavorano, molte si stanno rendendo conto che è necessario cambiare lo stile di vita. Ma non sappiamo quale sarà il nuovo: se sarà migliore o peggiore. È necessario un cambiamento di stile di vita perché durerà per parecchi mesi e anche la Fase 2 potrebbe avere dei tempi lunghi, ma costruire un nuovo equilibrio non è così semplice, richiede del tempo".

La fobia sociale generalizzata: siamo tutti potenziali untori

Incerto l'impatto anche a livello di vita di coppia e vita sociale, ad esempio nel contatto tra le persone: "Alcune coppie erano abituate ad avere i loro spazi di rilassamento in esterno, stavano da soli e poi stavano insieme, adesso stando sempre assieme possono soffrire. Seneca diceva che per raggiungere uno stato di felicità si dovrebbe stare insieme e poi stare ogni tanto separati, e quando si sta separati si scopre quanto è bello stare insieme". Sul distanziamento sociale il ricercatore invece spiega: "Non sarà così facile ritornare al contatto anche se ci sarà dato il permesso. C'è una sorta di fobia sociale generalizzata. Il nostro cervello ha memorizzato come pericolo tutte le persone che possono essere potenzialmente degli untori, e lo siamo diventati tutti".

I funerali negati

L'emergenza ha stravolto anche un altro aspetto fondamentale della nostra cultura e società, il rapporto con i defunti. "L'importanza del rito di passaggio finale il poter salutare ha un ruolo importante nella nostra cultura. Alcune persone stanno sviluppando sensi di colpa terribili perché non hanno potuto dare l'ultimo saluto, non hanno potuto fare una cerimonia come avrebbe meritato il parente. Sarà importante rendere omaggio, quando si potrà fare in sicurezza, al defunto: il funerale sarà come se fosse rimandato.

Gli effetti sugli operatori sanitari

Pesanti conseguenze il Covid-19 le lascerà anche sugli operatori sanitari. Un team di psicologi a supporto di medici e infermieri del Policlinico San Matteo aveva parlato a Fanpage.it delle conseguenze a livello psicologico della pandemia sugli operatori sanitari: "Sviluppano una sorta di sindrome del sopravvissuto: sono talmente esposti alla minaccia di morte o alla morte che la sensazione è quella di chiedersi perché loro stanno sopravvivendo. C’è l’idea di non aver fatto abbastanza e anche di non meritarsi di sopravvivere". Il dottor Castelnuovo aggiunge: "Immaginate quante morti hanno nelle loro menti. Chi ha un po' più di risorse emotive ce la potrà fare da solo, ma la maggior parte delle persone avrà bisogno di un aiuto per lavorare su queste ferite".

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