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Fatou, la lettera della 17enne nata in Italia che si sente apolide: “Noi, cittadini di serie B”

“Perché negare a qualcuno il diritto di appartenere alla società nella quale è nato, ha studiato e vissuto?”. È quello che si chiede Fatou, una ragazza di 17 anni originaria del Senegal ma nata e cresciuta in Italia, in provincia di Bergamo. In una lettera aperta a Fanpage.it Fatou prova a raccontare le difficoltà che sono costrette ad affrontare tutte le persone che come lei si sentono italiane di fatto, ma non di diritto.
A cura di Luca Giovannoni
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La storia di Fatou T., una ragazza di 17 anni originaria del Senegal ma nata e cresciuta in provincia di Bergamo, è quella di tanti ragazzi che come lei sono da sempre in Italia ma non hanno ancora ottenuto la cittadinanza del nostro Paese. La legge che stabilisce quali sono i requisiti necessari per l'ottenimento della cittadinanza italiana è la n. 91 del 1992. Da allora sono passati molti anni ma il dibattito intorno al così detto Ius soli è caduto nel dimenticatoio dopo l'ultimo tentativo datato 2017, quando al Senato non si raggiunse il numero legale per l'approvazione del disegno di legge che avrebbe permesso di modificare la legge sulla cittadinanza. A distanza di oltre due anni le cose non sono cambiate, e sono ancora in tanti a sentirsi italiani a metà, di fatto ma non di diritto. Dopo essere nata e cresciuta nella Bergamasca, Fatou oggi si trova in un "centro di ancoraggio" in Germania, nella zona della Renania Settentrionale-Vestfalia, dove insieme alla madre e ai tre fratellini più piccoli è in attesa che vengano visionate le loro richieste d'asilo. La famiglia di Fatou si è allontanata dall'Italia per ragioni prettamente lavorative, ma si è ritrovata a dover far fronte a una situazione di assoluta immobilità. Fatou ha deciso di scrivere una lettera a Fanpage.it, intitolata "Apolidi". Riassume tutto il disagio e la sua incomprensione per la condizione di chi, come lei, è nato e cresciuto in Italia ma non viene considerato cittadino italiano. La missiva è molto profonda e toccante: abbiamo deciso di riportarla integralmente.

Ho origini africane ma sono nata e cresciuta in Italia: mi sento apolide

"APOLIDI. Avrete sentito questa parola decine di volte, ma in pochi ne comprendono il reale significato. Apolide è qualcuno che non possiede la nazionalità, in alcun paese. Non è un’evenienza molto frequente, ciò non significa che non succeda. Io attribuisco a questa parola anche un significato personale e ora ve lo espongo. Io sono Fatou, ho 17 anni e sono afro-italiana, ossia ho origini africane, precisamente senegalesi, ma sono nata e cresciuta in Italia e mi ritengo un’apolide, anche se io la nazionalità senegalese ce l'ho. Questo perché se vado in Senegal, non mi considerano senegalese al cento per cento siccome sono nata e cresciuta in Italia mentre gli italiani non mi considerano cittadina semplicemente perché ho la pelle scura e i miei genitori non sono nati in Italia, quindi secondo voi cosa dovrei rispondere alla domanda ‘di che nazionalità sei?'".

"Un po' di tempo fa ho visto un video di un ragazzo straniero il quale affermava che la domanda che lo rende più nervoso è proprio questa, perché non comprende mai se per nazione debba intendere la città dove è nato o le sue origini; credo che molti ragazzi i cui genitori sono immigrati si rispecchino in questa situazione. Anche a me è capitato di non sapere cosa rispondere eppure la maggior parte delle volte dico ‘Vengo dal Senegal', anche se secondo la grammatica italiana, ‘da' è una preposizione che indica un moto da luogo, uno spostamento da un luogo ad un altro, quando l'unico viaggio che ho affrontato in realtà è stato uscire da mia madre. Quest'idea che se una persona non è caucasica non è italiana deve essere sradicata: questo pensiero poteva passare per la testa negli anni Ottanta, quando molti degli stranieri in Italia all'epoca erano immigrati, ma nel 2019 non ha senso neanche pensarla una cosa del genere, dato che pian piano il numero di ‘immigrati di seconda e terza generazione' sta aumentando. Già il concetto di ‘immigrati di seconda e terza generazione' è appunto un ossimoro, secondo me. Se se ne cerca il significato in Google appaiono diversi link; prendo ad esempio Wikipedia siccome è il più conosciuto. Oltre a spiegare il significato, si continua: ‘Questa terminologia è in certa qual misura contraddittoria, qualora sottintenda il termine immigrato di cui essa sarebbe la specificazione. Immigrato di seconda generazione apparirebbe infatti qualifica non sensata (anche se dal punto di vista giuridico possibile e anzi quotidianamente affermata), in quanto a rigore la qualifica di immigrato competerebbe solamente a chi abbia personalmente compiuto l'esperienza della migrazione'".

Verremo sempre considerati migranti, nel senso di cittadini di serie B

"Da un certo punto di vista mi sembra di essere tornati al sistema delle caste, ossia divisioni in gruppi sociali dai quali non si ha via d'uscita, per esempio se in epoche antiche fossi nato in una famiglia di contadini saresti rimasto tale a vita, nonostante potessi avere altre aspirazioni e attitudini, ma siamo sicuri che la mobilità sociale oggi sia veramente prerogativa di tutti? Questa è la situazione in cui ci troviamo noi figli di immigrati, per cui anche se non abbiamo fisicamente affrontato la migrazione siamo e verremo sempre considerati migranti nel senso di cittadini di serie B. Se tutti siamo discendenti delle scimmie, siamo esseri destinati all'evoluzione e al miglioramento, ma in questi casi noto che l'unica cosa che si sta sviluppando è il sospetto, se non addirittura l’odio. L'unico modo di sconfiggere questa paura dell'altro è informarsi. Viviamo in un'era in cui con un clic possiamo informarci su qualsiasi cosa, ma credo che l’eccessiva disponibilità di mezzi per farlo ci abbia tolto il desiderio di conoscere e scoprire nuove cose. Al fine di stare al passo con i tempi, è ora di rimetterci sul cammino perduto chiamato evoluzione ed eliminare i vincoli nocivi che ci portiamo appresso da anni. In ogni società c'è del buono e del cattivo, nessuno è perfetto ma possiamo prendere il meglio e far sì che sia esso a prevalere. Possiamo iniziare smettendo di dare la colpa agli stranieri per ogni problema che notiamo in Italia. Se un'anziana viene derubata da UN ragazzo di colore, si dà la colpa a TUTTI gli africani, se una ragazza di colore non paga il biglietto sul pullman è perché gli immigrati non rispettano le regole ed è ancora peggio se la ragazza ha la cittadinanza italiana, così diventa un capro espiatorio per non darla ad altri ragazzi nati in Italia che la cittadinanza la vogliono e se la meritano".

Perché negare a qualcuno il diritto di appartenere alla società in cui è nato?

"Alla fine dei conti non è la cittadinanza a rendere una persona buona o meno, ci sono criminali italiani come ce ne sono stranieri, dunque non capisco perché quando si parla di Ius Soli si finisce sempre col portare stupidi esempi del genere. Perché, quindi, negare a qualcuno il diritto di appartenere alla società nella quale è nato, ha studiato e vissuto? Ci sono anche persone alle quali non interessa avere la cittadinanza, perché quanto può valere alla fine un pezzo di carta se devi fare un sacco di procedure, pagare e fare un giuramento, se poi non verrai mai considerato parte integrante della società? Agli stranieri si fa promettere di rispettare la Costituzione che stabilisce i diritti e i doveri del cittadino, peccato che nessuno si occupi di tutelare questi diritti, perché se così fosse non sentirei parlare di ragazze ‘straniere' che vengono chiamate terroriste e alle quali viene strappato il velo dalla testa, di donne insultate sui mezzi pubblici davanti ai loro figli, di ragazze e ragazzi stranieri che vengono offesi continuamente a scuola, di padri di famiglia che perdono il lavoro perché gli italiani vengono prima. Purtroppo questi episodi non sono frutto della mia fantasia, noi extracomunitari siamo costretti ad affrontare questo tipo situazioni, che ne siate a conoscenza o meno. Questo non significa che sono d'accordo con chi afferma che ‘l'Italia fa schifo', ciò che la rende o meno un bel paese siamo proprio noi italiani: invece di fare affermazioni del genere, dovremmo darci da fare per migliorare ciò che non va e combattere le ingiustizie. In conclusione penso che l'ignoranza sia come una pianta infestante che si ramifica e germoglia, dando vita all'odio e alla paura che portano poi alla discriminazione, di qualunque tipo essa sia. Quindi vi chiedo di uscire dalla vostra zona di comfort, armarci di ascia e dare insieme un taglio netto a queste radici".

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