Farmacista ucciso dal cianuro, tre anni dopo la verità: usura e traffico di farmaci rubati

Era stato ucciso con il cianuro nell'aprile del 2012. Ma adesso, tre anni dopo la morte del farmacista Luigi Fontana, emerge una verità inquietante sul suo passato, che racconta come l'uomo fosse al centro di un giro di usura e traffico di farmaci rubati. A raccontare il retroscena di quello che sembrava solo un vecchio caso di cronaca è il Corriere della sera, con un articolo a firma di Gianni Santucci. Fontana, 64enne titolare della farmacia Barocco di via delle Forze Armate, era stato avvelenato con del codino al cianuro da Gianfranco Bona, che per quel delitto sta scontando 20 anni di carcere.
Il farmacista e il magazziniere al centro di un giro di usura
Adesso però si sono chiuse due indagini partite dall'omicidio: una per un giro di usura che vedeva al centro lo stesso Fontana e un suo magazziniere assunto nel 2010. Si tratta di Francesco Bruno, 58 anni, uscito dal carcere nel 2009 dopo una condanna per associazione mafiosa in Puglia. Nel 2010 l'uomo, detto "Franco strascina" viene assunto da Fontana, apparentemente senza compiti precisi. In realtà, come ha precisato Bona, l'uomo aveva il compito di aiutare il farmacista a recuperare i soldi che prestava a usura. A Bona, che di professione consegnava farmaci con il suo furgoncino, avrebbe prestato secondo il pubblico ministero Lucia Minutella 335mila euro, chiedendo poi la restituzione del doppio della somma in rate sempre maggiori.
Il traffico di farmaci rubati
La seconda indagine chiusa a distanza di tempo dall'omicidio del farmacista è più vasta, e riguarda un presunto traffico di farmaci rubati. Lo stesso Bona è indagato per ricettazione: ma nel giro di farmaci rubati rientrerebbero diverse farmacie, tra le quali anche quella di via Forze Armate. L'episodio contestato nello specifico a Bona riguarda l'acquisto di un carico di medicinali rubati nel dicembre 2011 da un'azienda di Segrate, e successivamente scaricate nel magazzino della farmacia di Fontana. Era anche così, secondo i pm, che Bona riusciva a onorare le rate del prestito fatto dal farmacista, che l'uomo avrebbe poi ucciso per "liberarsi da una persecuzione".
Nella stessa inchiesta è coinvolto anche Carmelo Famà, all’epoca direttore generale delle Farmacie corsichesi Spa, accusato di peculato. In meno di due anni i due indagati avrebbero rubato e poi rivenduto medicinali per oltre 250mila euro.