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Elezioni Milano: tra i due manager “uguali” finisce con un sostanziale pareggio

Non poteva che finire così: un sostanziale pareggio tra Beppe Sala e Stefano Parisi, i due manager da molti considerati “interscambiabili”, chiamati dal centrosinistra e dal centrodestra a correre per la poltrona di sindaco di Milano. Sala è avanti di una manciata di voti su Parisi: entrambi al ballottaggio dovranno cercare di parlare a chi si è astenuto per conquistare Palazzo Marino.
A cura di Francesco Loiacono
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Non poteva che finire così: un sostanziale pareggio tra Beppe Sala e Stefano Parisi, i due manager da molti considerati "interscambiabili", chiamati dal centrosinistra e dal centrodestra a correre per la poltrona di sindaco di Milano. Il primo per proseguire l'esperienza di Giuliano Pisapia, il secondo per cercare di interromperla, dopo averne criticato i risultati ottenuti in 5 anni. E da quello che è emerso dal primo turno di queste amministrative, è proprio il lascito della giunta arancione – quella che aveva festeggiato con l'arcobaleno in piazza Duomo nel maggio di 5 anni fa – ad aver diviso i milanesi. Con il Pd e il centrosinistra che hanno evidentemente sottostimato quanto malcontento ci fosse tra i cittadini, e un centrodestra compatto che ha trovato indubbiamente un uomo capace di confondere le acque degli avversari col suo dichiararsi "più a sinistra di Sala" e contemporaneamente ha saputo tenere a bada le manie di protagonismo delle diverse componenti di un centrodestra meno litigioso qui che altrove (vedi Roma).

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Sia chiaro: Beppe Sala è comunque avanti, seppur di una manciata di voti. E al ballottaggio è sempre lui il favorito: anche alcuni sondaggi prima delle elezioni avevano ormai certificato il compimento della rincorsa di Parisi, evidenziando però allo stesso tempo come, in un'ipotesi ormai diventata realtà come quella del ballottaggio, Sala avrebbe comunque vinto sull'avversario.
E' indubbio, però, che al ballottaggio Sala e il Pd arrivino con un sorriso tirato: la loro, parafrasando quanto disse Bersani alle politiche del 2013, per il momento è una "non vittoria". Adesso si prospetta una lunga e difficile opera di ricucitura con quelle anime più a sinistra che, da quando è sceso in campo mister Expo, hanno abbandonato la nave un tempo governata da Pisapia. Basilio Rizzo, in sostanza. Con la grande incognita dei Cinque stelle, che alla fine probabilmente però si asterranno, come già dichiarato alla vigilia del voto dal loro candidato sindaco Corrado.

Alla fine in ogni caso, sia il Pd sia il centrodestra si giocheranno la vittoria soprattutto cercando di parlare a quella vastissima fetta di milanesi che non si è recata proprio alle urne: il 54 per cento di affluenza è un dato bassissimo, un record negativo. Mai nelle precedenti elezioni (di ogni tipo) che si sono tenute nel capoluogo lombardo si era registrata un'emorragia di votanti di questo tipo, se si esclude l'ultimo tribolato referendum sulle trivelle. Cercare di capire i motivi di quest'astensione record, e convincere chi ha disertato le urne, è la strada per conquistare Palazzo Marino.

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