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È morto a Milano Giovanni Barbareschi, il “prete della Resistenza”: aveva 96 anni

È morto ieri a Milano monsignor Giovanni Barbareschi, soprannominato il “prete della Resistenza”. Aveva 96 anni ed è stato uno dei protagonisti dell’antifascismo cattolico milanese, tanto da essere stato insignito della Medaglia d’argento della Resistenza e del titolo di Giusto tra le nazioni: “Il fascismo non è solo una dottrina o un partito, una camicia nera o un saluto romano – scriveva monsignor Barbareschi – Il fascismo è un modo di vivere, un modo di concepire l’esistenza che è sempre in agguato, dentro e fuori di noi”.
A cura di Francesco Loiacono
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Monsignor Giovanni Barbareschi
Monsignor Giovanni Barbareschi

Lutto nel mondo cattolico e dell'antifascismo milanese. È morto ieri a Milano monsignor Giovanni Barbareschi, soprannominato il "prete della Resistenza". Barbareschi era nato l'11 febbraio del 1922 ed è stato uno dei protagonisti dell'antifascismo cattolico milanese, tanto da essere stato insignito della Medaglia d'argento della Resistenza e del titolo di Giusto tra le nazioni. Monsignor Barbareschi aveva 96 anni e viveva da alcuni mesi in un istituto di cura milanese, il Palazzolo. Le sue condizioni di salute erano progressivamente peggiorate a causa dell'età, anche se fino all'ultimo ha incarnato con la sua figura i valori dell'antifascismo e della necessità di ribellarsi al fascismo, da lui inteso come "un modo di vivere, un modo di concepire l'esistenza che è sempre in agguato, dentro e fuori di noi". Ed è proprio un giornale clandestino, "Il Ribelle", uscito tra il 1943 e il 1945, uno degli strumenti attraverso cui don Barbareschi combatté il fascismo. Alla redazione del giornale cattolico parteciparono i sacerdoti Teresio Olivelli e Carlo Bianchi oltre a Claudio Sartori e allo stampatore Franco Rovida.

Oltre che attraverso la contro informazione, monsignor Barbareschi si è battuto concretamente contro i crimini del fascismo contribuendo a salvare dalle persecuzioni ebrei e antifascisti. Nella sua abitazione in via Eustachi 24, dove viveva con la madre, il prelato stampava infatti documenti falsi per chi cercava di fuggire dal regime nazifascista. Era parte delle "Aquile randagie", movimento scout messo al bando dal regime fascista ma che diede vita all'organizzazione Oscar, che contribuì agli espatri dei perseguitati politici e per le infami leggi sulla razza. Monsignor Barbareschi fu anche colui che, il 10 agosto del 1943, diede la benedizione ai 15 martiri di piazzale Loreto, trucidati dai nazifascisti e lasciati esposti come monito per spaventare la popolazione: "I corpi dei partigiani fucilati erano rimasti esposti tutto il giorno come monito per gli operai e per i milanesi. Mi inginocchiai e quando mi alzai vidi una piazza piena di gente inginocchiata", aveva affermato più volte Barbareschi come ricordato dal presidente dell'Anpi provinciale di Milano, Roberto Cenati, che ha voluto ricordare la figura di monsignor Barbareschi riportando la toccante e molto attuale prefazione alla ristampa de "Il Ribelle", in cui il monsignore ha scritto:

"Il fascismo non è solo una dottrina o un partito, una camicia nera o un saluto romano. Il fascismo è un modo di vivere, un modo di concepire l'esistenza che è sempre in agguato, dentro e fuori di noi. E' un modo di vivere nel quale ci si piega a falsi servilismi per amore di quieto vivere e di carriera. E' una mentalità nella quale teniamo più all'apparenza che all'essere. E' una mentalità nella quale un superiore non è mai amato, ma solo temuto e a lui si chiede una cieca benevolenza. Il faraone non è stato eliminato. Ne sono succeduti altri, ugualmente oppressori, anche se non si presentano più armati di mitra, ma padroni di mass-media. L'esperienza mi ha insegnato che la liberazione è sempre una meta da realizzare ogni giorno. Non ci sono liberatori, ma uomini che si liberano. La Resistenza fa corpo con lo stesso essere uomo. Continuando il discorso delle Beatitudini, non avrei paura ad affermare: ‘Beato colui che sa resistere'".

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