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Donna muore dopo il parto a Milano: due ginecologhe a processo per omicidio colposo

Due ginecologhe dell’ospedale San Paolo di Milano sono state rinviate a giudizio con l’accusa di omicidio colposo. Il processo con rito abbreviato inizierà il prossimo 23 novembre. Le due dottoresse sono accusate di aver provocato la morte di una donna, deceduta nel giugno del 2015 a causa di un’emorragia subito dopo aver partorito con la cosiddetta tecnica della “ventosa ostetrica”.
A cura di Francesco Loiacono
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Due ginecologhe dell'ospedale San Paolo di Milano sono state rinviate a giudizio con l'accusa di omicidio colposo. Le due dottoresse hanno scelto il rito abbreviato: compariranno davanti al giudice per l'udienza preliminare Stefania Pepe il prossimo 23 novembre. Nel giugno del 2015 le due imputate decisero di far nascere un bambino con una tecnica chiamata "ventosa ostetrica", anziché utilizzare il taglio cesareo. Poche ore dopo il parto, però, la madre del bambino, una donna di origini marocchine che era affetta da problemi di obesità, morì a causa di una vasta emorragia.

La morte della donna risale al giugno del 2015

Il decesso della donna si verificò il 13 giugno del 2015 all'ospedale Humanitas di Rozzano, dove la mamma fu trasferita d'urgenza in seguito all'emorragia. Per il pubblico ministero Francesco De Tommasi fu proprio l'utilizzo della tecnica della ventosa ostetrica a causare l'emorragia che risultò poi fatale alla donna. Il pm si è avvalso anche della perizia di un consulente e di quella depositata dagli avvocati della parte civile, che concordano nelle conclusioni. A presentare denuncia, dopo la morte della donna, furono il marito e i famigliari. Nel capo di imputazione relativo alle due ginecologhe si legge che le stesse, prima di praticare la ventosa ostetrica, non avrebbero allertato l'anestesista né avrebbero predisposto la sala operatoria per un eventuale intervento d'urgenza, che poi si rese effettivamente necessario in seguito alla lacerazione provocata dall'utilizzo della tecnica ostetrica. Probabile che il giudice possa chiedere una nuova consulenza tecnica prima di pronunciare la sentenza.

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