Diffamazione e minacce: Matteo Salvini chiede 20mila euro per un post su Facebook
Il 25 aprile del 2016, rispondendo a un post del segretario della Lega Matteo Salvini, Valerio Ferrandi, noto antagonista milanese e leader dell'area anarchica, aveva scritto: "Salvini, in nome della bellezza e dell'intelligenza. Fai un gesto nobile. Sparati in bocca. Ps: prima o poi verrai appeso a un lampione, ne sei consapevole?". Nonostante l'utilizzo di un profilo "fake" Ferrandi, figlio dell'ex di Prima linea Mario, era stato individuato e querelato dal leader della Lega per diffamazione e minacce. Il pubblico ministero di Milano Enrico Pavone aveva chiesto l'archiviazione dell'indagine a carico del 32enne, ma un giudice per le indagini preliminari ne ha invece ordinato l'imputazione coatta. E così ieri, 17 luglio, si è tenuta la prima udienza del processo. Salvini si è costituito parte civile (la costituzione della Lega come parte civile è stata invece respinta) e ha chiesto all'imputato 20mila euro di danni.
Ieri il 32enne Ferrandi, difeso dagli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, era presente in aula davanti al giudice monocratico Giuseppe Vanore. All'uscita dal tribunale ha detto ai cronisti: "In una giornata sacra come il 25 aprile il signor Salvini dovrebbe evitare le consuete provocazioni. La mia non era una minaccia ma un invito a studiare la storia per evitare che si ripeta ancora". Il processo è stato aggiornato al 30 gennaio 2019, quando in aula a Milano dovrebbe essere ascoltato proprio il ministro dell'Interno.