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Coronavirus, ospedale di Chiari è in difficoltà: stampa 3D fornisce 100 pezzi di ricambio in 24 ore

Circa 100 pezzi di ricambio di un macchinario in funzione all’ospedale di Chiari nel Bresciano sono stati prodotti grazie alla stampa 3D: la richiesta d’aiuto è arrivata direttamente dal nosocomio che sta affrontando l’emergenza coronavirus. Così in sole 24 ore due giovani ragazzi hanno realizzato i pezzi necessari a far funzionare i macchinari e a non mettere a rischio la salute di numerosi pazienti.
A cura di Redazione Milano
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"Serve stampare 3D delle parti di alcune macchine all'ospedale di Chiari perché le scorte stanno per finire mettendo il pericolo la vita di molti pazienti", è questa la chiamata ricevuta da Massimo Temporelli, presidente di The FabLab, lo scorso venerdì. Ed è così che in poco tempo ha messo in contatto Cristian Fracassi, ceo di Isinnova, e il suo collega Alessandro Romaioli, con il nosocomio in quel momento in emergenza a causa dell'alto numero di pazienti che si trova ad accogliere e curare in piena emergenza coronavirus.

Pronti numerosi pezzi di ricambio da poter utilizzare nei prossimi giorni

I due giovani si sono recati così a Chiari, in provincia di Brescia, per prendere il primo campione che l'ospedale aveva a disposizione per farlo duplicare: la richiesta era altissima e urgente. Pur non avendo un disegno 3D ufficiale sono riusciti a ricavarne uno dalla parte originale del macchinario stampando così questo primo pezzo nel loro ufficio tramite stampante a filamento in PLA: il risultato è stato perfetto, l'ospedale ha infatti provato il pezzo che ha funzionato perfettamente. A quel punto è stato dato il via per la produzione di almeno 100 copie che i due giovani imprenditori hanno realizzato in sole 24 ore.

Abbiamo agito al meglio in una situazione di emergenza

"La richiesta è andata a buon fine, i prodotti sono già in utilizzo – spiega Cristian Fracassi – ieri notte ne hanno messi in montaggio otto pronti per essere utilizzati, mentre è il resto è ora a loro disposizione". Massimo Temporelli, presidente di The FabLab, ci tiene a spiegare però che questo non è l'iter da seguire normalmente: "TIPICAMENTE pezzi medicali di questo tipo devono avere materiali testati ma in questo momento non c'era tempo di farlo, i magazzini avevano finito i pezzi – spiega – noi abbiamo utilizzato immaginazione, tecnologia ed empatia e abbiamo risolto il problema. Questo è quello che è giusto fare in una situazione di emergenza come quella in cui ci troviamo".

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