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Coronavirus, il caso dei 70mila frontalieri con la Svizzera: “Possono entrare e uscire per lavoro”

Con la chiusura della Lombardia fino al 3 aprile e il divieto di entrare e uscire dal territorio regionale 70mila frontalieri che vivono in Italia e lavorano in Svizzera si sono trovati nell’incertezza. Uno stop alla circolazione rischiava di avere pesanti conseguenze sull’economia di molti comuni soprattutto nelle province di Como e Varese, ma anche per le aziende in Svizzera. Domenica mattina sono arrivate le prime rassicurazioni. “I nostri frontalieri che non possono utilizzare il telelavoro o le modalità di smart working potranno recarsi quotidianamente al lavoro oltreconfine, rientrando nella fattispecie delle ‘comprovate esigenze lavorative'”, ha spiegato il senatore varesino del Pd Alessandro Alfieri. La conferma è arrivata in un nota esplicativa al Dpcm del ministero degli Esteri.
A cura di Simone Gorla
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Con la chiusura della Lombardia fino al 3 aprile e il divieto di entrare e uscire dal territorio regionale, misure decise dal governo per limitare la diffusione del coronavirus, 70mila frontalieri che vivono in Italia e lavorano in Svizzera si sono trovati nell'incertezza, senza sapere se potranno andare a lavorare oltre confine da lunedì mattina. In comuni soprattutto nelle province di Como e Varese, ma anche in Piemonte, un'importante fetta della popolazione è impiegata in Svizzera. Allo stesso modo anche molte aziende in territorio elvetico hanno lanciato l'allarme, temendo di trovarsi private dei loro dipendenti. Le prime risposte positive ai timori sono arrivate questa mattina

I frontalieri potranno andare a lavorare in Svizzera

Alessandro Alfieri, senatore varesino del Partito democratico, ha reso noto questa mattina che è iniziata fin da sabato sera una interlocuzione tra i ministeri egli Esteri di Roma e Berna per chiarire le conseguenze del provvedimento sui lavoratori frontalieri. "È stato chiarito che i nostri frontalieri che non possono utilizzare il telelavoro o le modalità di smart working potranno recarsi quotidianamente al lavoro oltreconfine, rientrando nella fattispecie delle “comprovate esigenze lavorative”, ha spiegato Alfieri. "Abbiamo inoltre chiesto alle autorità ticinesi di mettere in campo iniziative simili a quelle italiane per promuovere e facilitare le modalità di lavoro da casa anche nel Canton Ticino".

Il chiarimento del ministero degli Esteri

La conferma è arrivata in un nota esplicativa al Dpcm del ministero degli Esteri. "Le limitazioni introdotte oggi non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro. Salvo che siano soggetti a quarantena o che siano risultati positivi al virus, i trasfrontalieri potranno quindi entrare e uscire dai territori interessati per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa. Gli interessati potranno comprovare il motivo lavorativo dello spostamento con qualsiasi mezzo, inclusa una dichiarazione che potrà essere resa alle forze di polizia in caso di eventuali controlli".

Allo stesso modo anche le merci possono entrare ed uscire dai territori interessati. Il trasporto delle merci è considerato come un'esigenza lavorativa: il personale che conduce i mezzi di trasporto può quindi entrare e uscire dai territori interessati e spostarsi all'interno degli stessi, limitatamente alle esigenze di consegna o prelievo delle merci.

Fontana: Via libera a circolazione di lavoratori e merci

Il governatore lombardo Attilio Fontana ha chiarito che il decreto del governo non impedisce i movimenti per lavoratori e merci. "Stanotte ho avuto una telefonata con il presidente Conte e mi ha garantito sui due problematiche più  sentiti dalle imprese", ha spiegato il presidente della regione. "La possibilità di circolazione delle merci e dei lavoratori sono considerate acquisite. Non ci sono limiti né alla circolazione delle merci né dei dipendenti, anche perché a quel punto tanto valeva dire che chiudevamo le aziende. Mettere le aziende nelle condizioni di produrre un prodotto e non lasciarlo portare al cliente, è inutile farglielo produrre".

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