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Covid 19

Cocquio Trevisago, contagio dilaga nel centro per disabili: 63 ospiti e 23 operatori positivi

La provincia di Varese è la penultima in Lombardia per numero di casi, ma le strutture sanitarie per anziani e disabili sono piene di malati. Sindacati e amministratori locali denunciano i ritardi nelle misure di sicurezza e nei tamponi: “Regione e Ats si sono mosse in colpevole ritardo, e senza alcuna strategia apparente”, sottolinea Fp Cgil. Caso eclatante è quello della Sacra Famiglia di Cocquio Trevisago, un centro che ospita persone con disabilità. Qui i tamponi, eseguiti dopo le proteste del sindaco, hanno accertato 23 casi tra gli operatori e 63 tra i degenti.
A cura di Simone Gorla
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Lo schema si ripete in modo drammatico. Solo quando c'è un focolaio, con molti pazienti che hanno sintomi sospetti o nei casi peggiori muoiono, allora si arrivano a eseguire i tamponi. Ma è quel punto è troppo tardi. È il racconto ricorrente di operatori, sindacalisti e amministratori che si sono trovati nelle ultime drammatiche settimane a gestire l'emergenza coronavirus che ha invaso le case di riposo e le altre strutture assistenziali. Denunce che arrivano anche dalla provincia di Varese, la seconda meno colpita della Lombardia, dove diverse Rsa si trovano ad affrontare situazioni allarmanti.

Contagio al centro per disabili: 63 positivi e tre decessi a Cocquio Trevisago

Tra i casi eclatanti c'è quello della Sacra Famiglia di Cocquio Trevisago, una residenza che ospita persone con disabilità. Qui il tampone eseguito in massa ha dato esiti spaventosi: 63 degenti e 23 operatori sono positivi. Ma non è un risultato che sorprende, purtroppo. Già tre ospiti sono deceduti, 31 sono sintomatici e 13 in cura con l'ossigeno. Almeno due di questi sono gravi. "Confermiamo che la direzione della struttura di Cocquio Trevisago ha messo in atto e osservato tutte le misure esplicitate nelle linee guida settimanali che recepivano le normative centrali e regionali lombarde e dell’Ats competente per territorio”, si legge in una nota della Rsd. Ma allora cosa è andato storto?

Il sindaco: Tamponi in ritardo, intanto il personale entrava e usciva

"Abbiamo temuto subito che la Residenza sanitaria per disabili potesse diventare il luogo più critico nella nostra zona", racconta a Fanpage.it il sindaco, Danilo Centrella, che è anche primario di un ospedale nel Verbano. "Nel mio comune ho imposto subito misure molto restrittive, da medico ero consapevole della pericolosità del virus. Purtroppo se all’interno di una Rsd entra il virus è un disastro: è difficile tenere in isolamento un ragazzo disabile, che cerca il contatto fisico con l'educatore, così come è difficile imporre la mascherina. Ho sollecitato subito Ats e Regione Lombardia, ma purtroppo sono arrivate risposte contraddittorie. Sono stati fatti i tamponi con un ritardo di 8 giorni e durante quel periodo il personale è entrato e uscito, rischiando di diffondere il contagio".

Quando è apparso chiaro che molti ospiti della Sacra Famiglia si stavano ammalando, il sindaco ha cominciato a scrivere alle autorità sanitarie. "Ho mandato ieri l’ottava lettera", spiega Centrella, "per chiedere di allertare il personale di emergenza. Se tutti gli operatori si ammalano e ci troviamo con decine di ragazzi disabili contagiati, chi si occupa di loro? È un disastro".

Moretto (Fp Cgil): Colpevole ritardo e nessuna strategia da Ats e Regione

Anche i sindacati parlano di una situazione fortemente a rischio, denunciando il ritardo con cui sono stati eseguiti i tamponi. "Ragazzi estremamente fragili hanno contratto un virus che si infila in queste sacche con una facilità disarmante. Abbiamo già dovuto salutarne uno. Da lontano, senza abbracciarlo, come fosse un  estraneo", ricorda la segretaria generale Fp Cgil Varese, Gianna Moretto. "I tamponi sono stati eseguiti solo dopo che il sindaco ha minacciato di bloccare gli accessi alla struttura. Ora aspettiamo l’esito dei tamponi sulle lavoratrici ed i lavoratori – prosegue -. Persone splendide che lavorano 12 ore al giorno senza sosta per garantire assistenza a questi ragazzi".

Decessi sospetti anche a Besano, Busto Arsizio e Saronno

"Vi siete mossi in colpevole ritardo, e senza alcuna strategia apparente", hanno scritto i sindacalisti in una lettera all’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, e al direttore generale Ats Insubria, Lucas Maria Gutierrez. Quello di Cocquio non è un caso unico in provincia di Varese. Una vicenda analoga è emersa a Besano nella Residenza Ai Pini, una struttura per anziani con 120 ospiti dove si sono verificati dieci decessi. Anche qui i tamponi non sono stati fatti per tempo. "Alcuni ospiti hanno accusato sintomi febbrili ma non potendo utilizzare i tamponi non sappiamo se tali casi siano riconducibili e in quali percentuali al Covid-19", ha riferito il responsabile sanitario Fakri Assadi a Varese News. Solo con il peggioramento drammatico della situazione sono arrivati i tamponi per il personale.

Tre morti di pazienti positivi ci sono stati anche nella Rsa La Provvidenza di Busto Arsizio, a cui si sommano altri deceduti con sintomi e una cinquantina di persone in isolamento. Situazione delicata anche alla Focris di Saronno, dove sono tre i decessi con coronavirus accertati tra i degenti. Altri otto pazienti sono in isolamento con febbre. "Abbiamo chiesto 97 tamponi, ce ne hanno concessi solo 20 per gli operatori. Li faranno il 14 aprile", riferisce a Fanpage.it il direttore generale Fausto Forti. 

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