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Cinisello, i segreti della mala del Nord dietro al delitto del cadavere in cantina

La sparizione di una grossa somma destinata al narcotraffico sarebbe il movente dell’omicidio di Antonio Deiana, il 36enne scomparso il 20 luglio 2012 da Como e trovato cadavere sotto una colata di cemento in una cantina del condominio al civico 12 di via Pila, a Cinisello Balsamo. Deiana sarebbe stato vittima della vendetta della ndrangheta calabrese. Si cercano i mandanti, il killer insiste: “Ho fatto tutto da solo”.
A cura di Angela Marino
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Antonella Deiana con le foto dei fratelli Salvatore e Antonio
Antonella Deiana con le foto dei fratelli Salvatore e Antonio

Qualcosa di molto oscuro si nasconde dietro all'omicidio di Antonio Deiana, il ‘cadavere in cantina' del condominio al 12 di via Pila, a Cinisello Balsamo, nel Milanese. Raccontato come un delitto per futili motivi, un raptus scattato in un momento di rabbia, dall'assassino reo confesso, Luca Sanfilippo, 47 anni, detto "Buma", si rivela oggi un delitto pianificato e con un movente specifico. Lo scenario di questo cold case è quello degli affari della cosiddetta ‘ndrangheta del nord‘ e la modalità quella della compagine criminale calabrese, la lupara bianca, ovvero l'assassinio con distruzione del corpo. Sì, perché dopo essere stato gettato nella buca profonda due metri del seminterrato di Sanfilippo, il 36enne Antonio Deiana è stato coperto con una colata di cemento. Niente corpo niente delitto, così, dal giorno in cui è stato ucciso, il 20 luglio del 2012,  il fascicolo di Deiana è finito nell'archivio dei casi di scomparsa, fino a che una soffiata non ha incastrato Sanfilippo, sei anni dopo.

La soffiata: qualcuno sapeva

È stata la rivelazione di un anonimo a portare gli agenti della squadra mobile nello scantinato di via Pila, dove il pregiudicato di Caltanissetta non ha avuto difficoltà ad ammettere le proprie responsabilità, addebitando l'episodio a un raptus e dichiarando di aver fatto tutto da sola. Una confessione che non ha convinto gli inquirenti, prima di tutto, perché le operazioni di occultamento hanno richiesto lucidità, metodo (una metodica acquisita al servizio della criminalità organizzata calabrese e di quella siciliana) e quasi certamente altri due paia di braccia (un altro cinquantenne è indagato per aver aver fato fuoco agli indumenti di Deiana mentre si cerca chi fece sparire la moto 750 Kawasaki della vittima). Siamo dunque in presenza di un omicidio pianificato che, come tale, presuppone un movente.

Deiana punito per un furto

Qui arriviamo alla seconda crepa del racconto di Sanfilippo. A decretare la condanna a morte del secondo dei fratelli Deiana (il maggiore, Salvatore era stato ucciso poco tempo prima) sarebbe stato un episodio avvenuto poche settimane prima di quel famoso 20 luglio, la sparizione di un borsone pieno di soldi dal sedile di un'auto, durante uno scambio. Una perdita di circa trentamila euro, un importo non certo così alto da giustificare l'ira dei boss, ma in quegli ambienti, sufficiente a decretare una punizione esemplare per chi aveva osato sabotare gli affari e farsi gioco di chi sta al potere. E costui sarebbe stato, nei sospetti dei suoi soci in affari, proprio il 36enne Antonio Deiana.

I mandanti

Smentita, anche da alcuni confidenti della polizia, la versione del killer reo confesso si attendono ora nuovi sviluppo nelle indagini. Luca Sanfilippo li aspetta nel carcere di Monza dove si trova recluso l’accusa di omicidio volontario aggravato (dai futili motivi) e soppressione di cadavere. Chi sa che non sia proprio lui a rovesciare il quadro aggiungendo nuovi dettagli alla sommaria confessione. Per esempio, i nomi dei mandanti.

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