Caso Eluana Englaro, il Tar condanna la Regione: “Aveva il diritto di morire in Lombardia”

Beppino Englaro, papà di Eluana, sarà risarcito con quasi 150mila dalla Regione Lombardia. Lo hanno deciso ieri i giudici della terza sezione del Tar condannando l'ostruzionismo del Pirellone e dell'allora governatore Roberto Formigoni, che non permisero al papà di Eluana, al termine di una durissima battaglia legale culminata con una sentenza favorevole in Cassazione, di porre fine all'esistenza della figlia, da 17 anni in stato vegetativo, sul suolo lombardo.
La sentenza del Tar certifica quello che fu un vero e proprio sopruso della Regione Lombardia di fronte alla volontà di una famiglia avvalorata da una sentenza della magistratura. Il papà di Eluana, che per eseguire le volontà della figlia fu nominato suo tutore, nel febbraio del 2009 fu costretto a compiere un viaggio presso la clinica La Quiete di Udine, dove comunque trovò ad accoglierlo una folla che protestava contro la decisione di staccare l'alimentazione artificiale che da lunghi anni teneva "in vita" Eluana. La ragazza, vittima di un incidente stradale, aveva in precedenza più volte espresso la volontà di non ricevere cure inutili qualora si fosse venuta a trovare in uno stato vegetativo. Il destino la fece diventare, di certo senza la sua volontà, un vero e proprio caso internazionale che scosse le coscienze sul tema dell'eutanasia e dell'accanimento terapeutico.
Il comportamento della Regione fu di natura dolosa
Beppino e Saturna Englaro (morta lo scorso dicembre), genitori di Eluana, intrapresero una lunga battaglia legale per sospendere le terapie che tenevano in vita Eluana in una casa di cura lecchese, città di origine della famiglia. La Cassazione diede loro ragione ma i vertici della Regione Lombardia si opposero alla sentenza della magistratura, diramando il divieto di sospendere le cure a Eluana a tutte le strutture sanitarie regionali. Un comportamento "di natura certamente dolosa", hanno stabilito adesso i giudici del Tar, sottolineando come non sia possibile "che lo Stato ammetta che alcuni suoi organi ed enti, qual è la Regione Lombardia, ignorino le sue leggi e l’autorità dei tribunali, dopo che siano esauriti tutti i rimedi previsti dall’ordinamento, in quanto questo comporta una rottura dell’ordinamento costituzionale non altrimenti sanabile". Né vale appellarsi a principi di coscienza, hanno chiarito i giudici amministrativi, essendo la coscienza individuale e non relativa alle istituzioni, regolate solo dalle leggi in vigore.
E così, sette anni dopo la fine del calvario di sua figlia, Beppino Englaro si vede finalmente riconosciuto il "sopruso" subito. Non saranno certamente i soldi a strappare un sorriso al padre di Eluana, quanto il fatto di aver finalmente ottenuto giustizia per se stesso e per sua figlia.