Case popolari, Osnato: “Gestioni pessime da Aler a Mm, in crisi la tenuta economica del sistema”
"Per molti aspetti non difendo Aler, che ha avuto gestioni pessime, ma è evidente che non bastava affidare le case comunali a Mm per risolvere tutto". È la riflessione di Marco Osnato, deputato ed ex direttore dell'area gestionale dell'Azienda lombarda di edilizia residenziale, in seguito a un’inchiesta del Corriere della Sera che ha rivelato alcuni case di assegnazioni dubbie di abitazioni di pregio, alcune delle quali nel centro storico, a dipendenti di Metropolitana milanese, la società a cui è stata affidata la gestione degli alloggi comunali, tolta ad Aler all'epoca dell'amministrazione di Giuliano Pisapia. "Quella decisione era stata presa, a mio parere, con un po' troppo entusiasmo. Quasi che con l'affidamento a Mm tutto si potesse risolvere, semplicemente facendo l'anti-Aler", osserva il parlamentare di Fdi.
C'è da dire che Aler – tra scandali, conti disastrati, occupazioni e stabili in condizioni fatiscenti – non era certo un esempio di gestione virtuosa.
Aler ha fatto molti errori, non intendo nasconderlo. Ma non si improvvisa nella gestione delle case popolari, che in questi anni da parte di Mm è stata molto politica. Oggi con il caso parentopoli scopriamo che il quadro non è positivo come volevano farci credere.
Quali sono a suo parere i problemi?
Una certa superficialità nella gestione ordinaria, poche azioni sulle occupazioni e problemi di morosità. I residenti denunciano difficoltà nei rapporto tra inquilino e azienda. E l'incrostazione politica è evidente.
Sembra di sentire le stesse critiche che da tempo vengono rivolte ad Aler.
Aler ha fatto errori nel corso degli anni, è evidente, soprattuto nel periodo tra il 2013 e il 2016. Ci sono state gestioni pessime da parte di presidenti non particolarmente rappresentativi, come l'ex prefetto Lombardi, che avrebbe potuto fare di meglio. Ma ultimamente si danno da fare.
Le condizioni economiche però restano molto difficili. Le entrate di Aler non bastano nemmeno per coprire la manutenzione ordinaria. E i problemi strutturali non sono stati risolti.
Io stesso ho subìto le conseguenze della disorganizzazione di Aler (con un'inchiesta giudiziaria e un processo concluso con l'assoluzione in appello ndr). C'è una difficoltà strutturale a tenere in ordine i conti e nella gestione della morosità. Pensando di mettere a posto il bilancio, sono state fatte operazioni immobiliari, ma era evidentemente una sciocchezza. Si doveva ragionare più in termine di welfare e non cercare di coprire i costi sociali con sviluppi immobiliari affidati a persone che non erano capaci di farlo.
Il quadro è negativo e continuiamo ad assistere a rimpalli di responsabilità. La Regione accusa il Comune e viceversa.
Non difendo Aler in contrapposizione a Mm. Attacco le giunte di Pisapia e Sala per aver voluto cavalcare Mm in contrapposizione ad Aler, ribalto su di loro il ragionamento. È sbagliato farne una questione politica. Gli inquilini milanesi sono stati messi l'uno contro l'altro. La lotta tra Regione e Comune non ha fatto bene. E con questa giunta non vedo capacità e serenità per invertire la tendenza.
Come si esce da questa situazione, in cui a soffrire sono gli inquilini degli alloggi popolari?
Bisogna ragionare sulla tenuta economica del sistema. È illusorio pensare a un auto-sostentamento delle case popolari. Siamo tutti d'accordo sul fatto che servono più sicurezza e manutenzione, ma anche nuovi alloggi. Questo si fa partendo dalla certezza economica e naturalmente senza sprecare le risorse, come avvenuto in passato.
Come interverrebbe?
Bisogna alleggerire la pressione fiscale e dedicare dei finanziamenti alle case popolari. Non si parla di miliardi di euro, bastano due o trecento milioni di euro annui e sistemi tutte le case popolari d'Italia, nella gestione quotidiana.
A Milano ci sono interi quartieri in cui il problema non è la gestione quotidiana. Non si tratta di cambiare citofoni e cancelli, ma di problemi strutturali: amianto, edifici in rovina, alloggi inutilizzabili.
Per questo servono piani coraggiosi, prendendo anche decisioni difficili. In molti casi abbiamo stabili costruiti con pannelli prefabbricati e impossibili da rimettere a posto. Succede al Gratosoglio, a Rozzano, a Quarto Oggiaro. Per questo, ad esempio, contestai il piano da 90 milioni su Lorenteggio e Giambellino. Serviva qualcosa di più radicale.