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Blue whale: a Milano solo un caso sospetto, molti atti di autolesionismo dovuti a psicosi

Secondo la procura di Milano, che indaga su decine di presunti casi di “Blue whale”, solo in un caso si è accertata l’esistenza di una persona che ha indotto una ragazzina a compiere atti di autolesionismo. In tutti gli altri casi sono stati gli adolescenti, da soli, a farsi del male suggestionati da quanto visto in tv o su internet. Il fenomeno Blue whale è infatti esploso a seguito di un servizio (che poi si è scoperto essere stato realizzato sulla base di filmati falsi) andato in onda sulla trasmissione tv “Le Iene”.
A cura di Francesco Loiacono
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Segni sulle braccia dovuti ad autolesionismo (foto da Wikipedia)
Segni sulle braccia dovuti ad autolesionismo (foto da Wikipedia)

Il "Blue whale" a Milano? Molta psicosi e suggestione, ma solo un caso accertato, su cui comunque le indagini sono ancora in corso. Dalla procura di Milano arriva un'ulteriore conferma di come il cosiddetto fenomeno della "balena blu" sia stato soprattutto una "bolla" mediatica. Un caso alimentato da un servizio del programma tv "Le Iene" andato in onda su Italia 1 lo scorso 15 maggio, e fondato su alcuni video falsi spacciati per veri. Un servizio che, come già documentato da un'inchiesta di Fanpage.it, ha poi scatenato soprattutto nei giovanissimi un meccanismo di emulazione che ha trovato nella rete, nello specifico nei social network, un terreno fertile per propagarsi.

Cosa si intende per Blue whale

Non si conosce con precisione l'origine del "Blue whale", così come si nutrono dubbi sull'effettiva esistenza del fenomeno. Si tratterebbe comunque di un gioco basato sull'autolesionismo in cui i giocatori si affidano a una figura particolare, un curatore, che li sottopone a diverse prove che possono arrivare fino al suicidio. Proprio dopo la messa in onda del servizio de "Le Iene" sono esplose le segnalazioni di presunti casi di "Blue whale" nelle procure di tutta Italia. A indagare sulle decine di denunce arrivate da genitori e insegnanti di Milano e hinterland è il pubblico ministero Cristian Barilli, nel dipartimento guidato dalla collega Cristiana Roveda.

Molti atti di autolesionismo originati dalla suggestione

Secondo quanto accertato finora, solo in un caso si sarebbe accertata l'esistenza di un curatore, in questo caso una ventenne milanese, che avrebbe convinto via Instagram una ragazzina di 12 anni a procurarsi tagli sul proprio corpo e a inviarle le foto. La 20enne è adesso indagata per istigazione al suicidio. In tutti gli altri casi, invece, i ragazzini che hanno compiuto atti di autolesionismo lo avrebbero fatto da soli, perché suggestionati da quanto avevano visto in tv o sui social network. La suggestione si sarebbe poi estesa anche a genitori e insegnanti, che si sono rivolti alla procura per denunciare i presunti casi di "Blue whale", in realtà inesistenti. Il lavoro della magistratura, comunque, prosegue.

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