Bergamo, picchia la compagna fino a ucciderla: incastrato e arrestato un mese dopo l’aggressione
La notte tra il 30 e il 31 marzo ha picchiato la sua compagna in modo brutale, riducendola in fin di vita. La donna, Viviana Caglioni, di 34 anni, è morta il 6 aprile in ospedale a Bergamo. A quasi un mese dalla terribile aggressione la polizia ha fermato con l'accusa di omicidio volontario pluriaggravato Cristian Michele Locatelli, 42 anni, con precedenti per reati violenti.
Uccide la compagna a pugni e calci, orrore a Bergamo
Le indagini degli agenti della questura di Bergamo, coordinate dal pubblico ministero Paolo Mandurino, sono partite dalla denuncia del personale dell'ospedale Papa Giovanni XXIII dove la vittima è arrivata già in coma, molte ore dopo il pestaggio. Dopo averla colpita con pugni e calci fino a farle perdere i sensi, l'aggressore ha riferito agli operatori del 118 che si trattava di una "caduta accidentale" e che le condizioni della donna erano buone. Informazioni che hanno ritardato di ore i soccorsi, già complicati nel pieno dell'emergenza coronavirus. Secondo la ricostruzione riportata da diversi quotidiani locali, la lite che ha portato all'aggressione sarebbe iniziata per motivi di gelosia, nella casa dove la coppia viveva con la mamma e lo zio della donna.
I tentativi di depistaggio e la testimonianza dello zio
Dopo la morte di Viviana, gli investigatori hanno sentito sia la madre di lei che il compagno: entrambi hanno continuato a sostenere la tesi dell'incidente. Nel corso delle indagini si è anche verificato un grottesco tentativo di depistaggio. Il 42enne, convocato per essere interrogato il 9 aprile, ha risposto che non poteva perché aveva ucciso appena una persona in via Maironi da Ponte. È così scattato l'allarme con volanti e ambulanze sul posto: tutto falso, ma corrispondente alla tragedia avvenuta giorni prima. Le indagini sono proseguite con intercettazioni telefoniche e interrogatori. Decisiva per incastrare l'aggressore è stata la testimonianza dello zio della ragazza che, nonostante la paura di subire ripercussioni, un po' alla volta ha raccontato agli inquirenti la verità. Confermata anche dai sopralluoghi degli investigatori che hanno trovato tracce di sangue in diversi punti della casa che proverebbero l'aggressione e non la "caduta accidentale" denunciata inizialmente.