Attivista milanese fermata dalla polizia in Turchia, la famiglia: “Non abbiamo notizie da giorni”
C'è grande preoccupazione per le sorti di Cristina Cattafesta, milanese di 62 anni, attivista del Cisda – Coordinamento italiano a sostegno delle donne afghane – fermata dalla polizia in Turchia, e portata nel centro di espulsione di Gaziantep, della quale non si hanno notizie da giorni, dal momento che le è stato sequestrato il telefono cellulare. La donna, dopo il fermo, era stata rilasciata e trasferita nel centro di espulsione, in cui avrebbero dovuto provvedere al rimpatrio, ma da 48 ore non si hanno più notizie di Cristina. "Speriamo tutti che il suo rientro sia imminente, ma sono passati cinque giorni dal suo fermo e nelle ultime 48 ore, ossia da quando è stata trasferita a Gaziantep, nessuno di noi è più riuscito ad avere contatti con lei perché le è stato sequestrato anche il cellulare" rendono noto, in un comunicato, la famiglia e il legale.
Cristina è una donna di 62 anni che soffre di problemi di salute ed ha la necessità di fare controlli continui e cure adeguate – continua il comunicato -. Non abbiamo informazioni certe sul suo rientro, né la possibilità di metterci in contatto con lei. Sappiamo che l’avvocato del consolato italiano è andato a trovarla e siamo grati per l’impegno della Farnesina con la quale siamo in costante contatto ma esprimiamo seria preoccupazione per il suo stato di salute e chiediamo all’Ambasciata Italiana, alle istituzioni italiane ed europee il massimo impegno per riportare Cristina Cattafesta in Italia nel più breve tempo possibile".
Il fermo di Cristina Cattafesta
L'attivista 62enne si trovava in Turchia in qualità di osservatrice internazionale durante le elezioni presidenziali e parlamentari per conto del partito filocurdo Hdp. Quando la polizia turca l'ha fermata, ha trovato sul suo cellulare una foto con la bandiera del Pkk, movimento paramilitare curdo considerato dal governo turco alla stregua di una vera e propria organizzazione terroristica. Da qui, la decisione di trattenerla e poi di espellerla dal Paese.