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Autista dà fuoco a un bus pieno di studenti

Attentato San Donato, convalidato l’arresto di Ousseynou Sy: gip conferma l’aggravante terroristica

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, Tommaso Perna, ha convalidato l’arresto per Ousseynou Sy, l’autista che mercoledì mattina ha sequestrato e dato alle fiamme un autobus a San Donato Milanese che trasportava più di 50 studenti. L’uomo rimarrà nel carcere di San Vittore dove si trova da mercoledì pomeriggio.
A cura di Chiara Ammendola
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Secondo Tommaso Perna, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, Ousseynou Sy, l'autista di 47 anni che mercoledì mattina ha sequestrato e dato alle fiamme un autobus con 51 studenti a San Donato Milanese, deve restare in carcere. La decisione giunge all'indomani dell'interrogatorio avvenuto nel carcere di San Vittore a Milano dove l'uomo si trova da mercoledì pomeriggio: il gip ha dunque convalidato l'arresto e disposto la custodia cautelare per Sy. Secondo quanto si legge nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip di Milano Tommaso Perna, le azioni compiute dall'autista configurano "il reato di strage aggravata dalla finalità terroristica".

Carcere unico modo per fermare la sua fortissima spinta criminale

Il giudice ha confermato dunque l'aggravante terroristica nelle accuse mosse a Sy che dovrà rispondere anche degli altri reati contestati dal pm Luca Poniz e dal capo del pool dell'Antiterrorismo milanese Alberto Nobili, ovvero quelli di sequestro di persona, resistenza e incendio. Secondo il gip, Sy "mostra una totale assenza considerazione rispetto alle regole di convivenza" e ciò "non consente di formulare una positiva prognosi sul suo comportamento futuro, laddove non venisse applicata alcuna misura". Da qui la decisione di confermare la misura cautelare in carcere.

Secondo il gip, Sy ha maldestramente finto vizio mente

Durante l'interrogatorio di convalida, avvenuto anche dinanzi all'avvocato, Ousseynou Sy avrebbe confermato proprio le parole del suo legale, ovvero la volontà di voler compiere quel gesto come "un'azione dimostrativa" che potesse avere un impatto internazionale e di non aver mai avuto l'intenzione di fare del male ai bambini. Aggiungendo poi di aver sentito "le voci dei bambini morti in mare" che gli chiedevano di fare "qualcosa di eclatante" per loro: parole, secondo il giudice, che rappresentano solo un modo da lui considerato posticcio e maldestro di voler dare alla realtà una sorta di giustificazione, al fine "di poter contare sui benefici conseguenti ad una eventuale, ed improbabile, dichiarazione di incapacità di intendere e di volere".

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