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Amore criminale: la storia di Liliana Mimou, strangolata con una corda dall’ex

La notte tra sabato 9 e domenica 10 aprile, Liliana Mimou, 27 anni, non rientra a casa da una festa di compleanno. L’indomani la madre e le sorelle scopriranno che il suo corpo è stato ritrovato davanti al cimitero di Cusano (Milano), con una corda intorno al collo. A strangolarla l’ex Davide Perseo. La sua drammatica storia è al centro della puntata del 2 febbraio di Amore Criminale, in onda su Rai Tre alle 21 e 20.
A cura di Angela Marino
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Amore Criminale, in onda domenica 2 febbraio alle 20 e 20 su Rai Tre, tratterà la storia di Liliana Mimou, 27enne uccisa dall'ex nel 2016. Dalla scomparsa alla condanna, ecco tutta la storia della giovane Liliana.

Sono le 9, 30 del mattino di una domenica di aprile quando, per caso, un passante nota qualcosa di strano in auto parcheggiata in diagonale, aperta, nel parcheggio che serve il Cimitero a Cusano Milanino, poco più di mezzora da Milano. Sul sedile posteriore della Renault Modus c’è una giovane donna che giace immobile, marmorea, inanimata. A osservarla da vicino si vede una corda portapacchi avvolta intorno al bianco collo. Poco dopo nella tranquilla via delle Rimembranze, ci sono uomini in divisa che fanno rilievi e sanitari in camice bianco. Al Tg, quel pomeriggio danno la notizia del ritrovamento del corpo di una giovane donna. Le notizie sono ancora scarse, ma si fa intendere che possa trattarsi di omicidio.

A Limbiate, intanto, una famiglia che non ha visto tornare a casa la figlia da una festa di compleanno, viene convocata per riconoscere il corpo di quella ragazza: è Liliana Mimou, 27 anni parrucchiera, figlia, zia di due bimbi, sorella. È stata trovata nell’auto che guidava e dove di solito portava a passeggio i nipotini, strangolata accanto al seggiolino per neonati, con la corda che aveva intorno alla gola. Nello stesso momento, il 118  viene allertato per il tentato suicidio di  un giovane di 26 anni. Davide Perseo, di Cusano Milanino, è intontito dai barbiturici e ferito in maniera lieve ai polsi. Ha tentato di togliersi la vita a 500 metri da dove un passante ha scoperto il cadavere della povera Liliana. Poco dopo viene identificato come l’ex fidanzato di Liliana.

Omicidio, è l’accusa formulata per quel ragazzo giovane, che pare tanto fragile, ma nei cui occhi legge, remota. Quell’ossessione che l’ha divorato fino a fargli stringere quella corda fortissimo, a lungo, finché Liliana non ha smesso di dibattersi. Il suo curriculum non depone certo a suo favore. Rissoso, violento e con precedenti penali per reati contro il patrimonio, il 26enne era soprattutto un uomo instabile. Tanto da non riuscire a tenersi un lavoro, Davide era stato protagonista di diversi episodi di rissa, Scazzottate del sabato sera, come quel sabato che aveva preceduto la morte di Liliana, quel 10 aprile 2016. Lei lo aveva amato a lungo, tanto da perdonargli gli eccessi e i moti d’ira, poi, finalmente aveva deciso di allontanarlo. A muoverla anche un episodio di un anno prima, quando nel negozio di parrucchiera dove lavorava erano intervenute le forze dell’ordine per un’aggressione.  Proprio quando aveva trovato la forza di stargli lontana, lui aveva deciso di ucciderla.

Era fragile Liliana. Bella, molto, nata da padre con origini maghrebine e madre sudamericana, limbiatese. Orfana di padre, che era venuto a mancare in una fase delicata della sua vita era cresciuta con un gran desiderio di sentirsi amata e protetta. Liliana si era abbandonata a quella relazione tossica con il coetaneo Davide, tollerando ogni uscita con la speranza che lui sarebbe cambiato. ‘Se fa così, in fondo, è perché mi ama’, si pensa spesso in questi casi, sovrapponendo possesso e l’amore. Alla fine, però, Liliana aveva capito che non sarebbe finita bene, l’istinto di autoconservazione era prevalso e aveva troncato i legami. Lui, però, come si dice in questi casi ‘non aveva accettato la separazione’ e la notte di domenica 16 aprile, aveva stretto forte quella corda.

I suoi avvocati, infatti, tenteranno di fare credere che Davide era obnubilato quando ha agito. Al processo, celebrato pochi mesi dopo con rito abbreviato, la sua difesa tenterà di accreditare la tesi dell’infermità mentale, della perdita momentaneamente di controllo. Del buio, che scende all’improvviso e ti fa stringere le mani, o la corda, intorno al collo della donna che ti è stata al fianco. Una tesi che non ha avuto successo benché alla fine, i giudici, hanno stabilito per lui una pena di 16 anni di carcere. Alle sorelle e la mamma di Liliana non è rimasto altro che il ricordo di lei e e il rimpianto, lacerante, di non aver saputo impedire che uscisse, che lo frequentasse, di non aver potuto proteggerla.

Perseo, che oggi ha 30 anni, sconta la sua pena nel penitenziario di Monza. Non si è mai pentito di quello che ha fatto.

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